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Da organismi marini l'idea per nuove molecole contro l'HIV

Nel giro di un decennio il virus responsabile dell'HIV si è trasformato da spietato assassino seriale a soggetto problematico con cui si può condividere la stanza ... purchè assuma in modo regolare le medicine.

Mi si perdonerà questa estrema semplificazione ma il parallelismo è calzante. Se si hanno a disposizione i farmaci l'infezione viene di fatto congelata in una forma cronica e la malattia non evolve (nella maggior parte dei casi) nella sua forma conclamata, l'AIDS. Non si guarisce ma ci si può convivere come Magic Johnson dimostra: scopre l'infezione nel 1991, si ritira dall'attività agonistica e si sottopone ai trattamenti in modo costante e controllato. Ad oggi non ha sviluppato l'AIDS. 
Un trattamento elitario che poteva permettersi solo uno sportivo milionario? No, da molto tempo. Oramai i servizi sanitari nazionali e/o le assicurazioni (in USA) coprono i costi del trattamento. Data l'importanza sociale del trattamento il prezzo che le industrie farmaceutiche chiedono è nettamente inferiore, nonostante gli enormi costi di sviluppo sostenuti, a quello proposta per altri farmaci; un abbattimento del prezzo che nei paesi in via di sviluppo è ancora maggiore grazie alla cessione delle licenze per la produzione dei farmaci ad industrie locali (vedi il caso India).
La vera differenza fra paesi sviluppati e non sta, come vedremo poi, nella diversa capacità di attenersi scrupolosamente alla terapia nei modi e nei tempi previsti per tutta la durata della vita del paziente.

La terapia antiretrovirale (HAART - highly active antiretroviral therapy) utilizza un cocktail di inibitori che agisce sulle diverse fasi della replicazione virale. Il congelamento della replicazione del virus permette al sistema immunitario di ricostituirsi ma non elimina (se non quando muoiono naturalmente) le cellule già infettate. Impedisce a nuovi virus di formarsi ma, come nel caso dell'herpes, il virus è latente e pronto a ricomparire per tutta la vita dell'individuo (ripeto a meno che l'infezione fosse minima e le cellule infettate siano morte nel frattempo) qualora le condizioni siano di nuovo favorevoli al virus. Condizione favorevole vuole dire attivazione delle cellule infettate (generalmente latenti) a causa di sotto-dosaggi del farmaco.
Soggetti che presentano tracce di RNA virale ematico sotto la soglia minima di rilevazione (quindi apparentemente guariti e sostanzialmente non infettivi) rimangono tali fintanto che il controllo farmacologico, e il caso, lo permette. Il trattamento DEVE essere mantenuto e bisogna evitare assolutamente la discontinuità. Pena la comparsa di virus resistenti, come abbiamo imparato con gli antibiotici. Il modo migliore per generare organismi resistenti è fare trattamenti "incompleti".
Per questo motivo nei paesi poveri il problema vero non è la "banale" disponibilità del farmaco ma la conservazione dello stesso in condizioni ottimali e la continuità del trattamento. Entrambe queste condizioni sono di solito carenti in quelle popolazioni che hanno problemi più pressanti del recarsi dal medico di zona, spesso distante, per il trattamento quotidiano.

La ricerca si è indirizzata allora verso lo sviluppo di trattamenti in grado di eradicare il virus e non solo di controllarlo. Diversi gli approcci teoricamente possibili. 
La scelta più ovvia sarebbe quella di associare il trattamento attuale che sappiamo funzionare bene, anche se presenta effetti collaterali, con un trattamento nuovo. Quest'ultimo dovrebbe attivare il virus dormiente integrato nel genoma cellulare (e quindi insensibile e invisibile) in modo tale che la cellula portatrice diventi visibile e quindi eliminabile
Tolta la cellula serbatoio, tolta la possibilità di recidive.

Facile dirlo, un po' meno farlo in modo sicuro ed efficiente. Uno studio di un team della Stanford University coordinato da Paul Wender fa ben sperare. Il lavoro pubblicato su Nature Chemistry di qualche mese fa riporta lo sviluppo dei bryologs (mi rifiuto di italianizzarlo in briologi) una nuova classe di sostanze creata a partire da una molecola presente in natura ma molto difficile da purificare.
Tutto nasce dallo studio sui trattamenti anti-epatite in uso nella medicina tradizionale delle isole Samoa. La molecola attiva, prostratina, presente nella corteccia dell'albero mamala, agisce attivando la proteina kinasi C (PKC) importante nel processo di riattivazione del virus dalla fase latente.
La pianta Mamala (Homalanthus nutans) ®Stanford University
Studi successivi condotti dal National Cancer Institute identificarono una molecola simile ma molto più efficiente (bryostatin) nella Bugula neritina, un organismo bentonico marino sessile appartenente ai Briozoi. La molecola era così interessante da essere stata presa in considerazione per trattamenti contro HIV, cancro e Alzhaimer!! Peccato però per un piccolo particolare: servivano 14 tonnellate di briozoi per purificare 18 grammi di bryostatin. A causa di questo ostacolo insormontabile gli studi clinici pianificati dovettero essere interrotti quasi subito in attesa che qualcuno sviluppasse una strategia di purificazione alternativa. 
Una piccola colonia di Bugula neritina (®Luis A. Solórzano)
Dalla Prostratin ai Bryologs (®C. Melander et al.)
Il lavoro di Wender per l'appunto risponde a questa necessità: descrive la produzione di una classe di analoghi sintetici della bryostatin, chiamati bryologs, fino a 1000 volte più efficiente. I bryologs comprendono 7 diversi composti che hanno in comune due caratteristiche: la regione in grado di interagire con la PKC e il braccio spaziatore che permette al complesso risultante di ancorarsi alla parte interna della membrana cellulare.
Questi prodotti sono sintetizzabili in laboratorio, quindi i poveri briozoi possono stare tranquilli.


Forse ora gli studi clinici potranno ripartire.


Post successivo sull'argomento nel blog, qui
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Articoli sull'argomento

Stanford University news - link
  
Medicinal chemistry: Forcing an enemy into the open
Christian Melander & David M. Margolis  - Nature Chemistry 4, 692–693 (2012)

Designed, synthetically accessible bryostatin analogues potently induce activation of latent HIV reservoirs in vitro
Brian A. DeChristopher et al. - Nature Chemistry 4, 705–710 (2012) 

Organic Synthesis Toward Small-Molecule Probes and Drugs Special Feature: Design, synthesis, and evaluation of potent bryostatin analogs that modulate PKC translocation selectivity
Paul Wender et al -  PNAS 108 (17) 6721-6726 (2011)

The epidemic : a global history of AIDS
Engel, Jonathan (2006) - New York: Smithsonian Books/Collins. pp. 308

I briozoi dal bel blog Notte e Sale, link

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