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Un termometro per le cellule?

Pensando ad un termometro l'ultima cosa che ci verrebbe in mente sarebbe quella di crearne uno da usare sulle cellule:  per ovvi motivi dimensionali, tecnici e soprattutto perchè una cellula di suo non può essere paragonata ad un sistema multicellulare in cui la temperatura interna è un discriminante. Certo questa ultima frase è troppo generale in quanto si riferisce agli organismi eterotermi (es. mammiferi) in cui la temperatura è finemente regolata da un meccanismo omeostatico molto preciso ed efficiente.
Tuttavia anche una cellula presenta differenziali di temperatura per il semplice motivo che possiedono, in generale, delle "centrali energetiche" e che tali centrali, nelle cellule eucariotiche, si localizzano in corrispondenza dei mitocondri. Il cui  numero e attività varia, non solo nei diversi tipi cellulari, ma anche temporalmente.
Ancora più in generale ogni attività cellulare è associata ad una reazione chimica e quindi produce/consuma energia, cosa che a sua volta determina variazioni locali di temperatura.

Ecco allora che si spiega l'importanza di tale misurazione. Ed è partendo da questi presupposti che un gruppo di ricercatori giapponesi guidati da Seiichi Uchiyama dell'University of Tokyo dopo avere sviluppato un polimero fluorescente, ha mostrato che alcuni organelli all'interno della cellula sono più "caldi" di altri. Osservazione questa utile per comprenderne i meccanismi molecolari alla base, per correlare eventuali anomalie con stati patologici e, come vedremo, per ottenere delle immagini delle cellule sotto una altra prospettiva.

Schema del funzionamento del polimero (© Nat. Commun)
L'ultima versione di questo polimero, presentato la prima volta nel 2009, funziona attraverso l'incorporazione di tre elementi: una molecola fluorescente , dei gruppi idrofilici ed una porzione responsiva al calore.
In condizioni standard la parte fluorescente è "quenchata" (bloccata) dalle molecole di acqua, tuttavia nel momento in cui il polimero si contrae in seguito ad un aumento di temperatura, le molecole di acqua vengono spiazzate e la fluorescenza risulta manifesta. 

Tecnicamente una delle modifiche risolutive della metodica è stata quella di renderla in grado di "mappare" il gradiente di temperatura, attraverso il rilevamento della emivita della fluorescenza invece che la sua intensità. Quest'ultima da sola è infatti pressochè inutile in quanto troppo dipendente dalla concentrazione locale del polimero. 

 Iniettando il polimero dentro le cellule il termometro ha mostrato non solo il nucleo, il centrosoma ed i mitocondri come le regioni più calde, ma ha anche mostrato le differenze a loro carico nelle diverse fasi del ciclo cellulare.


Uno dei vantaggi di questa tecnica è che fornisce una risoluzione spaziale oltre che termica. In associazione ad i moderni microscopi a fluorescenza si ritiene che potrà fornire immagini funzionali complementari rispetto a quanto ora disponibile. Con grandi vantaggi per la conoscenza scientifica.

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