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Un farmaco anticancro utile per l'alzheimer?

Un farmaco anticancro utile per l'alzheimer?

L'identificazione di effetti inattesi associati all'uso di farmaci non è un evento raro. Vale sia per i farmaci sperimentali (per definizione farmaci "in studio") che a maggior ragione per i farmaci approvati e quindi resi disponibili ad un bacino di utenti di gran lunga più ampio (ed eterogeneo) rispetto alle condizioni controllate della sperimentazione clinica.
Sebbene gli effetti collaterali inattesi e deleteri siano chiaramente gli eventi più comunemente identificati (più facile che un sintomo inatteso sia fastidioso che benefico), non mancano casi dove l'effetto osservato è interessante e tale da aprire nuove e inattese prospettive terapeutiche.
Di questo secondo aspetto ho trattato recentemente nella notizia di un antidepressivo di uso corrente che mostra interessanti proprietà cardio-protettive (vedi qui). Un altro caso riguarda il ben noto sildenafil, principio attivo del Viagra, le cui proprietà furono identificate in quanto effetti del tutto indesiderati di un farmaco sperimentale progettato per problemi cardiaci.

All'interno di questa tematica (il monitoraggio degli effetti farmacologici non previsti) ricade la notizia recentemente pubblicata degli effetti neuroprotettivi di un farmaco ora in commercio per tutt'altro scopo.
Il bexarotene, un antineoplastico orale usato per linfomi e tumori del polmone e della mammella, ha mostrato proprietà antidegenerative in modelli murini per l'Alzheimer, topi che sviluppano i sintomi della malattia umana a 6 mesi di età (un'età corrispondente alla nostra prima fase adulta).
(®Science.com)
 I dati che emergono dallo studio sono molto interessanti. Mentre il topo "demente" non ricorda di dovere svolgere attività basilari come l'approntare il nido, il topo trattato con il farmaco per soli tre giorni recupera il comportamento normale (vedi immagine a lato). Capacità apparentemente perse come quella legata alla memoria "di localizzazione" degli oggetti, tornano a livelli antecedenti la malattia.
L'analisi dell'attività cerebrale indica chiaramente un recupero di facoltà date per perse in modo irrimediabile.
Si tratta, è bene chiarire, di osservazioni preliminari ma sufficienti per fare drizzare le antenne delle aziende farmaceutiche.
Un trattamento quello del bexarotene ancora ben lungi dall'essere, ad oggi, ipotizzabile al di fuori della terapia antineoplastica. Per due motivi. Prima di tutto mancano i dati su umani malati di Alzheimer. Secondo, come tutti i farmaci antineoplastici presenta un rapporto rischio/beneficio favorevole SOLO per determinati malati oncologici, la cui aspettativa di vita sarebbe minima in assenza del trattamento.
Il dato importante che emerge da questo studio è "prospettico". Una volta confermati i dati si procederà a sviluppare dei derivati del principio attivo con specifica azione nel ripristino della funzionalità neurologica e minima attività antiproliferativa.

Un caso paradigmatico di come effetti farmacologici inattesi possano aprire prospettive prima non ipotizzabili

(articolo successivo su terapie contro l'Alzheimer, qui).

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Articoli di riferimento

Old Drug, New Hope for Alzheimer's Disease
Science 23 March 2012: Vol. 335 no. 6075 pp. 1447-1448

ApoE-Directed Therapeutics Rapidly Clear β-Amyloid and Reverse Deficits in AD Mouse Models
PE Cramer et al, Science 23 March 2012: Vol. 335 no. 6075 pp. 1503-1506

Articolo successivo sul fenomeno "vecchi farmaci per nuovi scopi"
Vita di un farmaco. Da anti-ipertensivo a farmaco contro l'Alzheimer?

Vedi anche su questo blog
Tè verde e Alzheimer
Vitamine e malattie neurodegenerative


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