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Identificata una regione del cervello in grado di identificare i "bordi"

I ricercatori del Vision Center della università di Sydney, hanno identificato un gruppo di cellule nel cervello umano responsabile della identificazione dei bordi di un oggetto.
Un sistema questo che, in modo grossolano, può essere considerato come il nostro rilevatore automatico degli spigoli, in grado di tutelarci da traumi senza tuttavia sovraccaricare con continue elaborazioni il nostro Io-cosciente. Per apprezzare i vantaggi di questo sistema pensate al dispendio dell'attività cerebrale conscia se nello spostarci da un luogo all'altro anche per pochi metri dovessimo analizzare coscientemente il percorso e muoverci in modo da non urtare ogni oggetto sporgente. 
Questo d'altro canto è uno dei problemi più importanti che incontrano gli ingegneri robotici quando cercano di fare muovere un droide anche solo per pochi metri su un terreno accidentato: le istruzioni che devono essere inserite per evitare cadute o blocchi sono tali da rendere il processo di programmazione una sfida quasi più complessa della costruzione del droide stesso.


Esagero?
Pensate a tutte le situazioni banali di pericolo potenziale (ben noti a chi ha bambini piccoli), dal muoversi per casa allo scivolare sicuri tra i banchi di una cristalleria. Non pensiamo "accidenti devo stare veramente attento al prossimo passo! Scaffale di fronte e a fianco a mezzo metro!". Semplicemente evitiamo le sporgenze in modo automatico … beh quasi sempre.
Disponiamo di un pilota automatico affidabile, almeno fintanto che non sovraccarichiamo il nostro cervello con altri compiti "taggati" come prioritari. Questo può avvenire quando siamo assorti in pensieri astratti o molto concreti come le gambe di una ragazza che abbiamo appena incrociato. Questa "visione" o il rumore di una frenata sulla carreggiata a fianco sono tutti eventi che il cervello etichetta come prioritari e che rischiano di mettere in pausa il nostro rilevatore di ostacoli (o meglio il sistema che riceve l'allarme).
Quindi una cosa è pensare ad altro ma continuare a "monitorare" in modo inconsapevole il mondo circostante - il cervello dedica una parte della sua attività di sottofondo alla continua registrazione degli input visivi - un'altra è non vedere proprio la scena perchè qualcosa d'altro ha messo in pausa il rilevatore.

Nella maggior parte dei casi questa disattenzione non provoca incidenti ma tutti noi abbiamo il ricordo di situazioni in cui siamo stati in grado di evitare per un puro soffio un pericolo rappresentato da un qualche oggetto sporgente. Abbiamo sempre ringraziato i nostri "riflessi pronti" senza sapere quale e dove fosse situato il sistema di rilevazione ed elaborazione.
Dato che noi tutti siamo in grado di catturare elementi visivi in modo inconsapevole, e concordi nel non credere ad un angelo custode che veglia sul nostro cammino, allora DEVE esistere un circuito cerebrale di rilevazione.
Certo, un conto è ipotizzare l'esistenza di una rete neurale dedicata e un altro è identificarla! Scoprire infine che il sistema è così efficiente da essere in grado di distinguere elementi specifici di pericolo potenziale (i bordi appunto) è stato un plus.

Questa ricerca, condotta dal team di Paul Martin della università di Sidney, è il naturale proseguimento del lavoro condotto sulle scimmie non antropomorfe, e pubblicato sul sul Journal of Neuroscience, in cui vennero identificate le cellule in grado di rispondere selettivamente all'orientamento dello stimolo visivo. I dati recenti confermano questa osservazione negli umani. Le cellule coinvolte si trovano nel cosiddetto cervello "primitivo", la parte del cervello impegnata nel processo di reindirizzamento degli stimoli visivi (catturati dalla retina) verso la corteccia cerebrale, la regione "evoluta" del cervello sede dei processi di "interpretazione" degli input.

Schema del percorso "visivo". E' evidente il passaggio nel talamo prima di giungere alla
corteccia visiva (courtesy of medicinembbs)
Finora si sapeva che il segnale trasdotto dalla retinica era analizzato in diversi distretti cerebrali a seconda del pacchetto d'informazione associato: colore, forma, intensità sono gli elementi meglio compresi. Ora sappiamo che ci sono cellule in grado di riconoscere "modelli". Quando guardiamo il monitor di fronte a noi percepiamo che ha quattro lati, ciascuno con un particolare orientamento (verticale o orizzontale) che lo distingue dagli altri e dallo spazio dello sfondo. Il sistema cellulare ora identificato è sensibile proprio a questo genere di informazioni.

Parte della difficoltà stava nel fatto che si tratta di cellule estremamente rare, un fatto che come afferma Martin, ha ritardato di quasi dieci anni la scoperta: "Avevamo identificato queste cellule già dieci anni fa, ma essendo presenti nell'ordine di una decina per ogni migliaio abbiamo al tempo pensato ad un errore e, di conseguenza, scartato i dati. Tuttavia la loro ricomparsa in più occasioni ci ha fatto ricredere sul precedente giudizio spingendoci a studiarle con maggiore attenzione. Li ci siamo resi conto che pur essendo talamiche assomigliavano molto di più alle cellule della corteccia".
In quest'ultima frase c'è una parte molto importante, la localizzazione inattesa.
Così lo spiega Martin "Abbiamo scoperto che queste cellule si trovano nel talamo [ndb. nel corpo genicolato laterale], un'area che in precedenza si riteneva deputata al solo transito dell'informazione dagli occhi alla corteccia. Questo vuol dire che la corteccia, la zona evolutivamente più recente, non è il luogo (o semplicemente non è l'unica area) in cui si forma quella che noi percepiamo come immagine. Non si tratta nemmeno di una elaborazione progressiva dell'immagine formatasi in seguito al passaggio in diversi distretti [ndb. per intenderci come se l'immagine fosse una automobile, creata in una catena di montaggio]. Si tratta più che altro di informazioni che arrivano separate da distretti diversi in quanto è il segnale "visivo" stesso ad essere indirizzato da subito in più punti contemporaneamente".
Si tratta di una sintesi multidirezionale più che di un mattone sull'altro.

Sintesi del processo di formazione dell'immagine
(credit: wikimedia)

L'esistenza di un sistema similare è stato descritto in molti animali, dai mammiferi (roditori e felini) agli uccelli (galline) e perfino negli insetti (api). Ovviamente con caratteristiche specifiche legate alla tipologia del sistema nervoso; ricordo ad esempio che la corteccia compare nei mammiferi. L'identificazione nella scimmia prima e nell'uomo poi era un tassello fondamentale e oggi finalmente disponibile.

La scoperta ha diverse implicazioni potenziali e potrebbe aiutare nel comprendere altre funzionalità "automatiche" associate alla visione come quella usata nel movimento, per trovare cibo, leggere e riconoscere i volti (solo per menzionare le principali).

Tutti elementi importanti, secondo Martin, per la costruzione in un prossimo futuro di dispositivi medici (ad esempio un occhio bionico) in grado di  interfacciarsi correttamente con il cervello.
Per sviluppare un dispositivo come l'occhio bionico non è ovviamente sufficiente riprodurre colore e luminosità. E' molto più importante che il cervello "capisca" non solo il segnale inviato ma che questa analisi venga effettuata da regioni specifiche del cervello, quelle in grado di identificare i modelli. Un problema particolarmente importante in quei casi in cui il danno non è limitato all'apparato fotorecettore ma riguarda i centri di elaborazione del segnale.

Fonti
- Cortical-like receptive fields in the lateral geniculate nucleus of marmoset monkeys.
Cheong SK et al, J Neurosci. (2013) 33(16):6864-76

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