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Sangue artificiale prodotto da staminali. Il test su Uomo non è più un miraggio

Qualche mese fa ho scritto in questo blog riguardo ai massicci investimenti fatti in Scozia allo scopo di dare un impulso decisivo alla creazione del sangue artificiale (-->Produrre il Sangue Con Le Staminali). 
Torno sul tema per alcuni aggiornamenti.

Il consorzio guidato dallo Scottish National Blood Transfusion Service (SNBTS) ha vinto il premio Strategic Award, consistente in ben 5 milioni di sterline, una cifra in grado di fornire, al di la di un attestato di benemerenza, un concreto supporto allo studio di come derivare globuli rossi dalle cellule staminali. 
Anzi per essere più precisi, come ottenere i globuli rossi in modo efficiente, sicuro ed economicamente sostenibile, dato che da un punto di vista teorico e pratico, tale processo di differenziamento è noto da alcuni anni ed è fattibile in laboratorio

Del consorzio fanno parte le università di Glasgow, Edimburgo, Cambridge, Bristol e quella di Loughborough, il NHS Blood and Transplant, l'Irish Blood Transfusion Service e due biotech (la Roslin Cells Ltd - uno spin-off dell'istituto omonimo - e la Cell Therapy Catapult).
Parte centrale del progetto consortile è come utilizzare al meglio per lo scopo suddetto, le cellule staminali pluripotenti, vale a dire le cellule in grado di formare qualsiasi altra cellula del corpo (tranne quelle extra-embrionali tipo la placenta).

Il ricercatori sperano di iniziare la sperimentazione volta a testare la sicurezza in essere umano (nota come "First In Man") entro la fine del 2016. Questa analisi verrà condotta su poche decine di persone (tutti volontari sani) e avrà come scopo principale identificare ogni tipo di reazioni inattese e/o l'intensità degli effetti collaterali (se presenti) successiva alla trasfusione di quantitativi ridotti di sangue artificiale. Solo una volta che questo studio abbia dato esito favorevole, potranno cominciare i test veri e propri volti a determinare dosaggi ed efficacia.

Che questo sia un argomento fondamentale di salute pubblica è abbastanza ovvio. Ogni giorno ci sono in tutto il mondo circa 90 milioni di trasfusioni, rese possibile dalla donazione di sangue. L'autosufficienza in questo campo è fondamentale per tre motivi: economico (costo legato al comprare il sangue dall'estero); sicurezza (controllo assoluto su cosa si maneggia); etici (senza una riserva adeguata di sangue, molte operazioni chirurgiche semplicemente non possono avvenire).
C'è da dire che l'Italia in questo senso è messa abbastanza bene e la qualità dei controlli è molto elevata. Un ruolo importante che gioca a favore della sicurezza è la assoluta gratuita della donazione; si evita in tal modo il fenomeno comune in altri paesi dello scambio denaro vs sangue, una transazione che di fatto incentiva alla donazione non tanto il volontario eticamente consapevole della propria azione quanto la persona che non ha altri mezzi economici (e di solito queste persone sono a maggior rischio di malattie). 
Narrativa sul tema
(Yu Hua, Einaudi, 1999)
Anche ipotizzando di essere in una situazione ottimale in cui vi fosse un numero di donatori superiore al fabbisogno nazionale, che i donatori fossero tutti volontari e che i controlli fossero ad errore zero, rimarrebbe sempre un rischio operativo legato non solo al rischio infezioni ma anche a errori connessi alla incompatibilità del sangue e alle epatopatie potenziali conseguenti al sovradosaggio di ferro, un rischio per chi è costretto a frequenti trasfusioni. A questi, aggiungiamo anche la ridotta efficienza trasfusionale connessa alla usura dei globuli rossi trasfusi. Un problema non secondario dato che la emivita di un eritrocita è di circa 120 giorni, quindi "l'aspettativa di vita" di una cellula trasfusa sarà chiaramente inferiore essendo un mix di cellule di età diversa.
Tutti questi elementi concorrono nel fare capire per quale motivo il sangue artificiale rappresenti la soluzione ideale per minizzare i rischi. I globuli rossi coltivati in laboratorio sarebbero privi di ogni agente patogeno, la loro età sarebbe praticamente identica e il grado di usura facilmente monitorabile.

Marc Turner, uno dei senior del team di ricerca, spiega "sviluppare una terapia cellulare che possa contare su volumi, qualità e livelli di sicurezza adeguati a quanto prevedono le sperimentazioni cliniche è una sfida molto importante. Se riuscissimo ad avere successo in questo primo studio preliminare, questo sarebbe un importante passo avanti per consentire alle popolazioni di tutto il mondo di beneficiare di trasfusioni di sangue di qualità omogenea". 
Ted Bianco, direttore del Technology Transfer presso il Wellcome Trust, chiosa: "Riuscire a sfruttare la potenza intrinseca nella biologia delle cellule staminali, a fini terapeutici è una delle sfide più interessanti dei prossimi anni".
Nessuna persona seria può aspettarsi che il sangue artificiale sia destinato a diventare realtà in tempi brevissimi. C'è da ricordare che ogni singola unità di sangue contiene miliardi di cellule; numero non impossibile da preparare industrialmente ma che impone una seria pianificazione sia strutturale che di valutazione economica perchè il sogno possa tradursi in realtà.
Questo è un primo passo ma importante.

Fonte
- First volunteers to receive blood cultured from stem cells in 2016
Wellcome-trust UK, news

Iniziato il countdown per il Google Lunar X Prize. Un nuovo impulso dai privati alla conquista dello spazio

Lunar X Prize di Google. La scadenza del concorso per l'invio di un rover sulla Luna è vicino
(qui un articolo di interesse sull'origine della Luna)

Il video di presentazione qui
Si chiama Lunar X Prize, il concorso bandito da Google volto a premiare la prima missione interamente privata che riuscirà ad inviare un rover sulla Luna in grado di spostarsi di almeno 500 metri e di inviare un video dalla superficie. Il conto alla rovescia per la scelta del vincitore è praticamente iniziato.
Sette sono i finalisti (tre americani e uno ciascuno per tedeschi, giapponesi, indiani e sino-iberici) che si contenderanno il premio finale di 20 milioni di dollari, arricchitosi recentemente di 6 milioni di dollari come bonus di incoraggiamento per il raggiungimento di milestones progettuali (milestone prizes). Si tratta di un contributo per premiare i team che sono sulla buona strada nel processo di sviluppo del progetto e riguarderà i tre diversi aspetti "core" del progetto ("atterraggio", "mobilità" e "sistemi di ripresa") ciascuna delle quali sarà premiata con una parte del bonus allocato.
Questi i team in gara (prima il video e di seguito una generica descrizione):

  • Moon Express. Il team ha rivelato il progetto del lander MX-1 da 150 kg nel dicembre 2013. Invece di funzionare come un rover vero e proprio il lander procederà a "salti" per coprire la distanza richiesta di 500 metri. Lancio previsto per fine 2015 (link al sito societario).
  • Astrobotic Technology. Questo gruppo, con sede a Pittsburgh ha costruito un prototipo la cui resistenza alle sollecitazioni violente è già stata effettuata (ne ho parlato in questa pagina). E' costituito da lander e da un rover di 20 kg per totali 535 kg (senza carburante). Astrobotic ha già preso accordi con SpaceX per un lancio tra ottobre e dicembre 2015. Costo della missione: circa 100 milioni di dollari (link al sito societario).
  • Lunar Lion. Società nata dalla Pennsylvania State University ha in progetto un lander di 165 kg. Ha attivato una campagna di crowdfunding per raccogliere i 400 mila dollari per costruire e testare entro quest'anno il prototipo. Anche in questo caso il lander non si avvarrà di un rover ma "salterà" per coprire la distanza richiesta dal concorso. Ha stipulato un accordo con un ex concorrente ritiratosi, per eseguire il lancio entro dicembre 2015. La missione avrà un costo totale di circa 60 milioni di dollari, di cui 2,5 sono stati già raccolti (link al sito societario).
  • Barcelona Moon. Questo team spagnolo ha firmato un accordo con la China Great Wall Industry Corporation per un lancio a giugno 2015 (link al sito societario).
  • Part-Time Scientists. Il team tedesco ha progettato un razzo e un lander del peso di 640 kg a vuoto, in grado di portare un rover pieno di strumentazioni. La propulsione è di basata su un sistema di epoca sovietica montato sui missili intercontinentali (link al sito societario).
  • Indus. Il team indiano ha il prototipo di un lander da 300 kg (in costruzione) e un rover da 15 kg, in fase di progettazione (link al sito societario).
  • Hakuto. Il team giapponese ha deciso di non sviluppare un proprio lander ma di comprare un passaggio per i suoi due rover da qualcuno degli altri concorrenti. La peculiarità di uno dei suoi rover è la capacità di scendere nelle grotte. Il suo costo è tra i più bassi, circa 10 milioni di dollari (link al sito societario).

Per potere entrare nel novero dei candidati, i concorrenti ancora in gare dovranno, entro settembre 2014, fornire prove convincenti del fatto che la loro sia una missione fattibile (in assenza di interventi governativi).
I test finali avranno luogo sulla Terra. Alla fine del test quattro di essi rimarranno teoricamente sul nostro pianeta mentre il vincitore potrà iniziare il conto alla rovescia per il lancio previsto per il 2016. "Teoricamente" in quanto molti dei concorrenti hanno annunciato che continueranno nella loro missione anche se non dovessero vincere il premio finale.
Nonostante il premio e il bonus milionario i dubbi aleggiano tra gli esperti del settore circa il fatto che ci sara' in effetti un premiato o se ci saranno bocciature a 360 gradi. I soldi non sarebbero infatti sufficienti per coprire i costi di sviluppo e lancio a meno che non intervengano finanziariamente e in modo deciso le grosse aziende private del settore aerospaziale.
Jonathan McDowell, del Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics (Cambridge-USA) sostiene che gli ostacoli tecnologici sono troppo alti e gli incentivi finanziari troppo bassi, "l'X Prize Google Lunar non è stato in grado di incentivare una seria competizione da parte dell'industria aerospaziale privata." Da qui la sua ipotesi che le scadenze verranno di fatto posticipate.
Una ipotesi scartata da Alex Hall, una figura di ruolo del Lunar X Prize che ricorda come sia le regole che le scadenze del concorso sono già state emendate due volte da quando il premio venne istituito nel 2007. Un posticipo che ha fatto slittare la scadenza fissata inizialmente per il 2012 al 2015; una scelta motivata dalla notizia che la Cina era scesa in campo per inviare il suo rover, Yutu, sulla Luna. Parte del problema è stato ovviamente convincere gli investitori a mettere i soldi. Non si tratta di una mera disponibilità finanziaria (assolutamente secondaria viste le cifre in ballo che per una grande azienda corrispondono ad una campagna pubblicitaria) ma del ritorno di immagine (e quindi economico) associato.
Per intenderci non fu affatto un problema trovare nel 2004 i 10 milioni di dollari per il premio Ansari X, nato per premiare , sempre in ambito privato, il miglior progetto per un volo spaziale ripetibile con equipaggio umano. La ragione è abbastanza chiara. I finanziatori avevano già in mente le ricadute positive che il turismo spaziale prossimo venturo avrebbe indotto. Non suona strano allora trovare tra gli sponsor della squadra vincente, la Scaled Composites, Richard Branson che in seguito fondò la Virgin Galactic. I biglietti per i primi voli spaziali, il cui deposito cauzionale è stato già versato, ammontano a circa 250 mila dollari (del 2005).

Molto più difficile ovviamente è convincere i privati ad investire in un progetto centrato solo solo su un rover e per di più sulla "inflazionata" Luna. Un progetto in cui l'ingombro rappresentato dalla Cina è fin troppo evidente; con una capacità di investimento praticamente illimitata, supportata da motivi propagandistici esterni e soprattutto interni, e l'assenza di vestali pronte a stracciarsi le vesti per i costi eccessivi, come nel sempre più vecchio e poco innovativo occidente, l'idea stessa di concorrere per uno sfruttamento minerario futuro della Luna appare, giustamente, agli investitori un atto masochistico.
Per dipanare i dubbi ai privati la Fondazione X Prize (che gestisce il concorso) ha commissionato uno studio alla London Economics. Detto per inciso è veramente curioso che l'organizzatore (quindi il pagatore) di un premio in milioni di USD debba spendere altri soldi per incentivare i privati a partecipare al concorso.
Il rover proposta dalla Astrobotics (©Nature.com/
Astrobotic Technology)
Bene, lo studio ha concluso che entro il 2025 il mercato legato allo sviluppo del sistema di trasporti (per la costruzione di infrastrutture sulla superficie lunare) avrà un valore di circa 1,9 miliardi USD. Un mercato, quello dei trasporti a pagamento, molto interessante  per la Astrobotic, uno dei finalisti e spin-off  della Carnegie Mellon University di Pittsburgh e il cui motto è riassunto dal suo CEO, John Thornton, "pensate a noi come alla FedEx per la Luna". Che si sia già messo in moto, e che il mercato già richieda questo tipo di servizi prima ancora che nascano infrastrutture, è evidenziato dalla manciata di contratti che la società ha già attivato con la Celestis, per il trasporto delle spoglie incenerite umane sulla Luna. La Celestis è infatti una società che si occupa già oggi di raccogliere gli ordini di chi ha deciso di farsi "seppellire" nello spazio e, in futuro, di chi preferirà un soggiorno eterno sulla Luna con vista Terra. Un mercato di nicchia? Direi proprio di no (e questo differenzia gli intraprendenti americani dai dormienti contemplatori del proprio ombelico che sono i mediterranei) visto che la Astrobotic prevede di pagare 1,2 milioni dollari per ogni chilogrammo di ceneri fatto atterrate "morbidamente" sul suolo lunare. Cifra che scende nel caso in cui l'opzione preveda un atterraggio del pacchetto cinereo in caduta libera cioè lanciato dalla sonda orbitante intorno alla Luna.

Chiaro che qui si parla solo dei piccoli clienti e che le speranze siano rivolte, da ognuno dei finalisti, verso i pesci grossi, cioè quei clienti in grado di fare la differenza in quanto a commissioni pagate. Parliamo di società come la NASA che ha da tempo demandato all'outsourcing la gestione di molti dei compiti che prima svolgeva in prima persona. Solo nel 2010 la NASA ha attivato 6 contratti (di cui 4 ad alcuni dei finalisti) per un valore di circa 30 milioni USD in 5 anni, per avere i dati che verranno raccolti durante i test e la missione: dai test di volo fino ai risultati dell'analisi di campioni di suolo lunare. In più, e questa è una notizia di gennaio, la NASA ha annunciato l'attivazione di un programma con cui offrirà consulenze e assistenza tecnica gratuita, materiale e siti produttivi, allo scopo di aiutare i partecipanti a portare a termine il progetto del rover.
Se i partecipanti si sono detti entusiasti a tale prospettiva, è ancora una volta McDowell ha invitare alla cautela "quello che la NASA farà dipende in ultima istanza dal fatto che il progetto approvi queste spese".

Il costo previsto per la missione dalla maggior parte dei finalisti si aggira intorno alla decina di milioni di dollari. Un costo coperto dai premi in ballo e di sicuro a buon mercato rispetto alle missioni NASA del passato (o anche solo del costo di un calciatore della seria A italiana). Il paragone va subito con la missione Mars Pathfinder il cui costo per inviare nel 1997 il rover su Marte è stato di circa 265 milioni dollari. Un paragone certo improprio data la maggiore complessità intrinseca, e il maggior appeal, della missione su Marte ma che serve per rendere una idea delle cifre in ballo, assolutamente a discount rispetto al passato.

Tra i finalisti solo quattro squadre - Astrobotic, Lunar Lion, Moon Express e Barcelona Moon - hanno previsto (e si sono prenotate per) lanci già nel 2015. Solo Astrobotic ha al momento un prototipo di lander già praticamente completo. Negli altri casi il sentiment che trapela è "non è impossibile riuscire a starci con i tempi ma un rinvio sarebbe opportuno".
Comunque vada il premio comunque non segnerà l'uscita di scena dei concorrenti perdenti. La maggior parte di essi è intenzionata a continuare con i loro piani di sviluppo indipendentemente dalla vincita. Chiaro che il premio monetario, e la visibilità ottenuta, sono un forte incentivo.

(Articoli correlati e non citati nel testo: missione europea su Marte; missione Curiosity e in generale selezionate il tag "astronomia" qui a destra)

Chiudo con un auspicio. Quello di rivedere le immagini girate all'epoca della missione Apollo 8

Video by space.com


Altri articoli su questo blog centrati sulla Luna --> qui
 

Fonti
- Moon shots stuck on Earth
Nature, news
- Google Lunar XPRIZE Selects Five Teams to Compete for $6 Million in Milestone Prizes 
Google Lunar X Prize, news

Piovono massi sulla Luna

Immagini reali e elaborazione al computer di un impatto meteoritico sulla Luna

Il flash da impatto del meteorite sul suolo lunare (©Nasa)
Un team di astronomi spagnoli ha portato alla conoscenza della comunità internazionale quello che è il maggiore impatto mai osservato dal vivo di una roccia spaziale che colpisce la Luna. Secondo quanto descritto, l'impatto ha generato un lampo luminoso durato per ben otto secondi, un record, e la cui intensità è stata tale che avrebbe potuto essere osservato anche ad occhio nudo. L'eventuale 'osservatore sulla Terra avrebbe visto un flash di intensità paragonabile a quella associata alla stella polare.  
L'evento in questione, descritto in un articolo pubblicato il 23 febbraio nelle Monthly Notices della Royal Astronomical Society è avvenuto l'11 settembre 2013. Dai dati dell'intensità luminosa e tenendo in considerazione le specificità dell'atmosfera e della superficie lunare è stato possibile calcolare l'intensità dell'impatto. L'esplosione generata è paragonabile a quella ottenibile con 15 tonnellate di TNT, un valore tre volte superiore al precedente impatto, osservato nel marzo 2013.
Due gli aspetti da ricordare quando si parla di impatti meteoritici sulla Luna. 
  • l'atmosfera lunare è così sottile e poco densa da permettere di fare arrivare sulla superficie anche meteoriti di piccole dimensioni. Rocce che nel caso della Terra brucerebbero nell'alta atmosfera dando luogo ai fenomeni noti come "stelle cadenti".
  • la "faccia nascosta" della Luna ha un aspetto molto più butterato della faccia a noi visibile. Ricordo che la Luna è tidally locked, vale a dire che il rallentamento indotto dalla gravità terrestre sulla rotazione lunare ha reso coincidenti (locked) il tempo di rotazione lunare con la sua orbita intorno alla Terra. Quindi ovunque noi siamo sulla Terra potremo vedere solo e soltanto una faccia (in realtà è poco più della metà per ragioni facilmente calcolabili) della Luna. Sul lato nascosto sono praticamente assenti i mari mentre predominano gli altopiani ricchi di crateri. Le differenze sono riconducibili sia al fatto che la faccia a noi invisibile non è "protetta" dalla Terra ed è quindi un bersaglio ideale per i meteoriti, sia per il maggior spessore della crosta nella parte visibile. Non conosco i dettagli ma la differenza in composizione è verosimilmente legata alle forze di marea che agiscono in modo differenziale sulle due facce.
Il meteorite responsabile dell'impatto doveva avere dimensioni esigue, tra 0,6 e 1,4 metri e con un peso di circa 450 chilogrammi. Praticamente una moto di grossa cilindrata con due passeggeri. Niente di che per il nostro pianeta ma sufficiente per arrivare sulla superficie lunare. Un bruscolino nell'occhio rispetto alla cometa caduta su Giove (vedi articolo sulla Shoemaker-Levy, QUI)

Il meteorite è caduto sul Mare Nubium, un grande bacino di origine vulcanica, producendo un cratere tra 47 e 56 metri di larghezza.

L'evento è stato catturato dal Moon Impacts Detection and Analysis System (MIDAS), un sistema di rilevazione spagnolo che monitorizza in continuo gli impatti lunari grazie a telescopi situati a Siviglia e a Toledo.

Di seguito il video




Articoli ulteriori in questo blog sulla Luna --> qui


 
Fonti
- A large lunar impact blast on 2013 September 11
José M. Madiedo et al, MNRAS (2014), 439 (3) 2364-2369

- Largest lunar impact caught by astronomers
Nature, 2014 
 

Il turismo delle staminali. Le tante ombre del fenomeno

Il turismo legato alle staminali che sfrutta i pazienti

Riporto di seguito un adattamento (intercalato da mie considerazioni) di un articolo scritto da Alta Charo, docente di Legge e Bioetica alla University of Wisconsin-Madison, che si occupa da tempo del crescente fenomeno delle persone che intraprendono viaggi della speranza spinti dal miraggio di terapie innovative basate sulle cellule staminali. Miraggio in quanto si tratta di trattamenti non supportati da dati clinici concreti, le cui promesse di efficacia sono più basate sulla possibilità di lucrare sulla disperazione che su oggettive possibilità terapeutiche. Il tutto rinforzato da improbabili passaparola o da mirabolanti promesse fatte sul web.
Il fenomeno è noto come Stem Cell Tourism.

La crescente attenzione verso le cellule staminali nasce dalla oggettiva potenzialità che hanno alcune cellule (embrionali o adulte, in modo spontaneo o successivamente a trattamenti specifici) di differenziarsi, teoricamente, in ognuna delle cellule componenti il nostro organismo. Una proprietà che rende le staminali un trattamento intrinsecamente allettante per alcune malattie ma altrettanto pericoloso. L'idea di potere sostituire un tessuto degenerato, o anche solo particolari gruppi di cellule, con delle sostitute ad hoc è oggettivamente affascinante e permette di ipotizzare il recupero di funzionalità perse in seguito a malattie devastanti come quelle neurodegenerative, quelle conseguenti a lesioni spinali e perfino di riparare il cuore dopo un infarto.
Sul fatto che siano il futuro della terapia non ci sono dubbi, il problema è valutare se le promesse terapeutiche in cui troppo spesso ci si imbatte, sono o meno verosimili allo stato attuale delle conoscenze.

Le prove circa l'effettiva funzionalità terapeutica di queste cellule (NdB - non da un punto di vista teorico ma al netto delle attuali conoscenze e capacità operative) è molto limitato, fatta eccezione per le cellule staminali del midollo osseo. Questo non perché non sia un approccio importante ma perché molte sono ancora le variabili ignote e le conseguenze a lungo termine di un trattamento che ricondiziona il comportamento di una cellula staminale. Anche lasciando da parte le cellule staminali embrionali (che pongono problemi di natura etica) il ricorso alle staminali dell'adulto ha in se alcuni punti critici legati proprio alla modalità con cui queste cellule vengono ottenute, vale a dire forzando, ad esempio, la dedifferenziazione di una cellula cutanea in una cellula in grado di formare un neurone. Un processo che nella modalità classica fa uso di geni che sono anche attori principali nel processo di oncogenesi. Oltre a questo aspetto, che da solo dovrebbe indurre alla cautela, vi sono altri problemi teorici legati al fatto che il profilo di espressione di queste iPSc (induced pluripotent stem cells) è parzialmente rispetto a quello di una cellula staminale embrionale. 
I risultati finora ottenuti sono basati su modelli animali e solo recentemente sono partite alcune caute sperimentazioni su un numero molto ristretto di persone. Caute sia perché i dati su animali non sono univoci che per il fatto che le conseguenze a lungo termine (qui considerato superiore a due anni) sono totalmente ignote.
Ciò nonostante i pazienti di tutto il mondo sono convinti che il solo aggettivo/sostantivo "staminale" sia di suo una garanzia di cura. Un conto è infatti dire che i risultati finora ottenuti in condizioni sperimentali usando cellule staminali embrionali o da adulto  sono molto promettenti un altro è leggere le promesse pubblicizzato su molti siti web. Nel migliore dei casi il trattamento proposto è dubbio, e con alta probabilità solo inefficace, ma talvolta è ad altissimo rischio (come ben insegna il caso del bambino israeliano curato in Russia per una malattia neurodegenerativa che ha sviluppato un tumore cerebrale originato dalle cellule usate per la terapia - vedi Nature Reports Stem Cells, 2009).

I pazienti sono il più delle volte ingannati e l'inganno è ancora più odioso dato che si tratta di soggetti deboli. I problemi da affrontare in questo ambito sono sia politici che di regolamentazione. Come abbiamo visto nel caso italiano di Stamina, noi abbiamo un terzo problema legato a giudici che vanno contro le normative vigenti e in spregio alle direttive degli organi sanitari competenti.
"Negli USA", afferma Charo "i pazienti possono arrivare a  pagare decine di migliaia di dollari per procedure che non hanno alcuna speranza di successo o essere associati a gravi rischi per la salute. Il problema è che nella maggior parte dei casi i pazienti non hanno alternative terapeutiche valide e sono disposti quindi a fare qualunque cosa pur di avere una speranza".
E infatti aggiungo io, il problema è proprio il vendere a caro prezzo una speranza a chi alla speranza si aggrappa.

Analizzando le terapie staminali disponibili attraverso un rapida analisi del web, Charo ha trovato di tutto, da prodotti che aumentano la formazione delle staminali cutanee fino ad arrivare a trattamenti sperimentali approvati o meno (negli USA o in posti esotici) resi disponibili a caro prezzo. In alcuni casi, come la promesse di terapie per lesioni della colonna vertebrale sono nel migliore dei casi innocue e in tutti gli altri casi inutili come ben sanno le persone che si occupano di questi temi.
Alcuni di questi venditori di terapie sfruttano le lacune delle normative della Food and Drug Administration. Lacune legate al fatto che la FDA regolamenta dispositivi medici, trapianti di tessuti e i farmaci ma non si occupa esplicitamente di trapianti d'organo e della pratica medica.
Ad esempio per vendere al pubblico un prodotto in grado di "curare" senza affermare esplicitamente che si tratta di un farmaco (quindi soggetto alla approvazione da parte della FDA) alcune di queste "cliniche" prelevano delle cellule staminali dal paziente, le fanno crescere in coltura sottoponendole a minime "manipolazioni" e quindi le reiniettano nel paziente stesso. Nel migliore dei casi è un trattamento assolutamente innocuo (essendo autologo) ma risulta ben difficile capire quale possa essere la sua valenza terapeutica.
"La disputa", afferma ancora Charo "verte sul fatto se questo tipo di trattamento sia un trapianto di tessuto che fa le veci di un trapianto d'organo - quindi di comptenza esclusiva della normale pratica medica - o se sia un trapianto di tessuto che fa le veci di un trattamento farmacologico - quindi sottoposto alla FDA".
All'inizio di febbraio, una corte d'appello ha confermato la legittimità da parte della FDA di regolamentare le cellule staminali manipolate come fossero farmaci. Una vittoria forse vana dato che per ogni caso dubbio è la FDA a dovere trovare le prove di violazioni procedurali, il che vuol dire molte casi da analizzare e molti soldi necessari per ciascun caso. In altre parole per ogni clinica che viene fatta chiudere, cento altre ne aprono nel frattempo.
Il caso Celltex Therapeutics in Texas (bloccata dalla FDA americana) ed i rischi di un Far West medico-staminale in assenza di controlli rigorosi, possibili solo con le regole della sperimentazione clinica.
- Stem cells in Texas: Cowboy culture, (Nature 494, 166–168 - 14 February 2013)
In Europa c'è da dire che le norme sono molto più severe e quindi queste cliniche della speranza (o meglio della falsa speranza) dovrebbero (dico dovrebbero) essere assenti … . E' anche vero che su molte riviste si trovano ancora pubblicità di terapie di bellezza basate sulle cellule staminali vegetali ... un meccanismo che mi sfugge, ma di sicuro è la mia fantasia ad essere limitata.
Esempio di un "pacchetto" all-inclusive
A complicare le cose il fatto che quasi la metà dei trattamenti reclamizzati sul web sono al di fuori del territorio americano in paesi come la Cina, Messico e la Russia in cui ovviamente le possibilità di intervento sono nulle data la legislazione locale, che definire lacunosa è riduttivo.
Il mercato ha fiutato l'affare e oltre alle cliniche sono in costante aumento agenzie specializzate nel fornire i pacchetti viaggio, soggiorno e trasporto (qualora il paziente sia immobilizzato) verso il paese scelto per il trattamento.

A peggiorare le cose la ovvia assenza di informazioni sia sulle caratteristiche del trattamento che sui danni a breve o medio termine. E' difatti ovvio che i soggetti, o le famiglie, che si sono sottoposti a questi viaggi della speranza non forniranno resoconti dettagliati o attendibili (quando pure ci fossero). Nei casi più seri (quasi tutti) la morte del soggetto sfuggirebbe inoltre al controllo delle autorità date le condizioni pregresse dello stesso. Risultato? Al momento sono noti almeno due casi accertati in cui questi viaggi della speranza si sono tradotti nella morte dei bambini. Un numero chiaramente sottostimato.
Tra i rimedi possibili, il miglioramento delle regolamentazioni, l'oscuramento di pubblicità ingannevoli anche sul web e l'indicazione in chiaro sui portali specializzati delle cliniche "a rischio". Una azione questa, già tentata dalla International Society for Stem Cell Research (ISSCR), ma di scarso successo a causa dei reclami presentati alle autorità da parte delle cliniche presenti sulla lista che hanno accusato la società di pratiche diffamatorie. Sebbene fosse nel giusto e praticamente certa di vincere la causa la ISSCR ha abbandonato questo approccio … non avendo i soldi per coprire i costi legali della causa.

La parola staminale al giorno d'oggi è diventata una moda anche quando è priva di contenuti provati. Il mercato segue la domanda e la domanda, in assenza di controlli rigorosi, è quella di avere cure ad ogni costo. Un tema quest'ultimo su cui varrebbe la pena riflettere … .

La speranza è che nel frattempo in Europa non si assista ad un progressivo scivolamento verso il far west terapeutico come il caso Stamina sembra indicare.

Fonte
- Stem cell tourism' takes advantage of patients
A. Charo, Univerity of Wisconsin-Madison

- Unregulated stem cell transplant causes tumours
 Monya Baker, Nature Reports Stem Cells (2009)  

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 Sui pericoli associati al far-west terapeutico, consiglio anche la lettura dell'articolo pubblicato sul IlSole24ore (8/6/2014). Il caso del giudice che autorizza un trattamento giudicato illegale e l'apparente lassismo di molte persone nelle istituzioni di fronte a questi eventi (probabilmente impegnate a predire la formazione della nazionale di calcio o a seguire le avventure via tweet di Balotelli) dovrebbe far riflettere.

CIARLATANI IRREDIMIBILI - Stamina, lo Stato si muova (© ilsole24ore /  tratto da scienzainrete dove trovate il testo completo)
di Elena Cattaneo, Gilberto Corbellini e Michele De Luca
Ci si domanda come riescano i cittadini in questo paese a comprendere e accettare che ieri, a Brescia, un medico abbia potuto trasgredire almeno una decina di articoli del Codice di Deontologia Medica, su mandato di un magistrato e probabilmente reiterando un reato. Per quel reato (l'infusione di preparati privi di staminali terapeutiche, e tantomeno di neuroni) il medico è accusato dalla procura di Torino. Ma un magistrato di Pesaro l'ha nominato commissario "ad acta" degli Spedali Civili di Brescia per far infondere in un bambino i preparati della Fondazione Stamina. L'infusione è stata effettuata ieri da Andolina in un clima surreale e nell'assordante silenzio dell'Ordine nazionale dei medici. Non si può nemmeno capire perché i ministri della Giustizia e della Salute, oltre al Consiglio superiore della magistratura, non siano ancora intervenuti mettendo fine allo scempio dell'etica medica, quella che garantisce la dignità ai malati e alla professione medica, oltre che delle leggi e della Costituzione della Repubblica. Aspettiamo di capire anche come mai, chi ieri poteva, pensiamo, mettere sotto sequestro il laboratorio di Brescia per proteggere un bambino da un doloroso e inutile trattamento, non abbia agito. Non abbiamo più parole (...) In uno qualunque degli altri paesi del G7, Vannoni e Andolina sarebbero stati fermati, e messi nella condizione di non poter più abusare di malati gravi e dei loro parenti, da almeno due anni. In Italia tutto è troppo lento. I giudici, alcuni almeno, invece di applicare la legge nel senso di garantire la tutela della salute dei cittadini per evitare loro di essere abusati dai ciarlatani, li consegnano proprio nelle mani di costoro. Alcuni parlamentari, che hanno il vincolo assoluto di rispettare la Costituzione, concorrono nel consentire che dei medici possano far del male a bambini già gravemente provati. Addirittura accompagnano fisicamente nell'esecuzione dell'abuso, chi quell'abuso intende perpetrare, poi fingendo di non esserci stati, quando l'intento di acquisire visibilità personale fallisce.  (...)  Da oltre due anni non temiamo di dire che il caso Stamina è una vicenda che dimostra l'inettitudine, l'incompetenza e un amorale o bieco protagonismo di una parte non secondaria della classe politica e di governo che in Italia si occupa di sanità pubblica. E non sono i ciarlatani a preoccuparci. Vogliamo quindi, una volta di più, chiarire perché la vicenda denuncia un impazzimento generale a cui è urgente porre rimedio, con interventi forti. I principi che ispirarono un'etica medica (...) stabiliscono che i pazienti devono essere informati correttamente, in forma veritiera, e messi in condizioni di decidere autonomamente se sottoporsi o meno a un trattamento, che i trattamenti medici devono ridurre il più possibile i rischi di danni e produrre i maggiori benefici, e che non vi devono essere discriminazioni o ingiustizie. Questo significa che i trattamenti per i quali non esistono prove scientifiche di sicurezza ed efficacia non sono etici. A fare da spartiacque furono il processo di Norimberga ai medici nazisti e la dichiarazione di Helsinski del 1964. Inoltre, nell'eventualità in cui i pazienti siano minori o incapaci di decidere c'è l'obbligo morale di tutelarli e agire nel loro miglior interesse. Nessuno di questi principi è rispettato nel caso Stamina. I pazienti e i parenti non possono dare un consenso valido, perché nessuno ha alcuna informazione sul contenuto dei preparati e sui rischi associati al trattamento. Le uniche informazioni disponibili dimostrano che in quei preparati c'è il solito intruglio da ciarlatani, le cui dichiarazioni valgono zero. (...) Non mancano secondo noi al Parlamento, al Governo e al Csm gli strumenti per chiudere definitivamente la vicenda. E se quelli esistenti non bastano s'intervenga rapidamente, perché il caso Stamina è la punta di un iceberg contro il quale potrebbe schiantarsi in breve tempo e quindi affondare l'organizzazione etica e funzionale dell'intero sistema sanitario. Ieri Andolina ha effettuato agli Spedali civili di Brescia un'infusione illegale deontologicamente abominevole. E le istituzioni stanno a guardare

Trend anti-vaccini e riattivazione metodo Stamina: le follie dell'anno

Non sarebbe il caso di rendere obbligatori
test specifici per coloro che legiferano
e decidono?
Movimento anti-vaccini e riattivazione metodo Stamina: le follie dell'anno
Il problema è che l'anno non è ancora finito ... 

STAMINA
(vedi QUI una trattazione più estesa sull'argomento)
  • Giudice del lavoro (sic!!!) del tribunale di Pesaro ordina la riattivazione del metodo Stamina affidando il compito di trovare medici che si occupino della somministrazione del composto al .. udite udite… responsabile medico di Stamina Foundation, Andolina!!!! Un personaggio non solo privo di competenze specifiche nella sperimentazione clinica (parole di Elena Cattaneo) ma soprattutto indagato per associazione a delinquere finalizzata alla truffa dalla procura di Torino. Il giudice si difende dicendo che non sapeva che Andolina fosse indagato!!! Qui siamo al teatro dell'assurdo. Uno si chiede allora come possa il giudice motivare le sue decisioni (su un tema non di sua competenza) quando è ignaro di notizie fondamentali! Ricordo che la decisione del giudice è in tutto e per tutto in contrasto sia con la valutazione degli enti regolatori preposti ma anche della comunità scientifica italiana e internazionale (caso additato come esempio di nonsense scientifico).
  • Luca Pani direttore dell'AIFA, esasperato dal clima di illogicità che tale pronunciamento implica minaccia di dimettersi. 
  • Mario Mantovani, assessore alla sanità della Regione Lombardia chiede aiuto a CSM e a Presidenza Repubblica per bloccare operato del giudice.
  • Elena Cattaneo afferma in una intervista "Un impazzimento giudiziario senza precedenti. Non so come il Csm e il Ministro di Giustizia … " (qui il PDF)

VACCINI e M5S
Disegno di legge proposto dal M5S sul "pericolo vaccini". Qui il testo completo (link)
  • Vi facilito la lettura. Ad un certo punto si legge questa frase "Recenti studi hanno però messo in luce collegamenti tra le vaccinazioni e alcune malattie specifiche quali la leucemia,  intossicazioni, infiammazioni, immunodepressioni, mutazioni genetiche trasmissibili, malattie tumorali, autismo e allergie".
  • Recenti? Quali? A parte gli effetti catalogabili come idiopatici (e dipendenti da rarissime reazioni anomale e - per definizione - non prevedibili causate dal proprio sistema immunitario) i vaccini attualmente in commercio hanno un profilo di rischio nettamente inferiore al rischio connesso alle conseguenze negative, anche solo potenziali, della malattia contro cui il vaccino è stato preparato. Una selezione estremamente rigorosa, non basata su "ho sentito da uno che conosce uno ... ".
  • Sarà mica che i dati recenti a cui ci riferisce sono ... il famigerato articolo di Wakefield del 1998? Probabile che non sappiano che il dato è un falso clamoroso che è costato la ritrattazione (ovvia) dell'articolo e la radiazione (ovvia) del medico inglese.
  • Probabile anche che sia ignoto il concetto stesso di Herd Immunity e il significato del valore R0 che definisce la percentuale di individui vaccinati necessari per rendere impossibili le epidemie.
  • Probabile anche che nessuno conosca la metanalisi recentemente pubblicata (di tipo osservazionale e retrospettivo) che con forza statistica adeguata nega ogni tipo di relazione (LE Taylor et al, Vaccine. 2014) tra vaccinazioni e adiuvanti e ASD.
  • Risultato? Negli USA si sono verificati 11 focolai di morbillo negli ultimi 10 anni (per approfondimenti vedi articolo successivo sul blog -->QUI). E come sappiamo tutti il Morbillivirus è tra i virus, quello con caratteristiche ideali per essere immunizzati a vita. Se ci si vaccina.
  • Nel frattempo Nature ha da tempo lanciato l'allarme sulla ricomparsa nei paesi occidentali di polio e tbc a causa di un mix tra immigrazione da paesi con noti focolai e l'allentamento dei controlli sanitari (mappa qui Nature march 2013).
  •  
    Curioso che all'interno di quel movimento non manchino personaggi "particolari" tra i quali: quello che sostene che il grado saraceno sia importato da posti esotici; alcuni convinti sostenitori del fatto che le scie degli aerei sono l'evidenza di una congiura internazionale; qualcuno che dice di sapere che la CIA ha impiantato un chip nel cervello di ogni americano; infine, per non farci mancare nulla, una biologa che afferma di avere scoperto molecole anti-cancro (senza che ci siano pubblicazioni a riguardo) e che descrive la sua partecipazione al programma Erasmus spacciato per un ambito premio. Un caso questo che è stato sollevato ad onor del vero dagli stessi militanti grillini.
Insomma, siamo in effetti un paese che non contento dei suoi problemi strutturali, concorre attivamente ad inventarsene di nuovi anche dove dovrebbe imperare la logica scientifica.


Esiste un legame tra soia e crisi convulsive nei bambini autistici?

Soia e crisi convulsive in bambini autistici?

Chiariamo subito un concetto al fine di evitare pericolosi fraintendimenti.
L'articolo di cui tratto oggi NON riguarda la correlazione tra la soia e il rischio di autismo ma verte sulla potenziale associazione tra consumo di soia in bambini GIÀ malati e rischio di crisi convulsive.
Una precisazione assolutamente doverosa date le numerose leggende metropolitane che circolano sulle cause alla base dell'Autism Spectrum Disorder (ASD). Vedi ad esempio il precedente articolo sull'argomento in questo blog, qui.


©alimentipedia.it
Lo studio in questione, condotto presso la University of Wisconsin-Madison dal team di Cara Westmark, è interessante in quanto mostra, in un campione di 1949 bambini, una correlazione statisticamente significativa tra l'aumento nella frequenza di attacchi convulsivi in bambini/neonati autistici (o successivamente diagnosticati come tali) e una alimentazione ricca di proteine vegetali (derivate dalla soia) rispetto a quei bambini la cui alimentazione era arricchita di di proteine di origine animale (caseina del latte vaccino).
Dato ancora più curioso il fatto che le bambine sono risultate maggiormente sensibili al cibo ingerito; interessante perché come è noto le bambine sono una assoluta minoranza dei soggetti autistici (nel campione l'87% dei bambini era di sesso maschile) e questo ha fatto ipotizzare da tempo che l'eziologia nei due sessi sia diversa (sull'argomento vedi qui).
Gli attacchi convulsivi, causati da una anomala attività elettrica nel cervello, non sono associati solo all'epilessia ma sono tipici di malattie tra loro molto diverse come l'Alzheimer, la sindrome di Down e, appunto, l'autismo.
Negli USA circa il 25 % del latte artificiale specifico per neonati è ricavato dalla soia. Non conosco le percentuali italiane ma so che il latte usato nei primi mesi di vita (latte di tipo I) è un latte adattato da cui sono stati eliminati gli elementi non ritenuti idonei per un neonato. E' disponibile sia nel formato "classico" - derivato dal latte vaccino - che in altri formati (ipoallergenico, di soia, etc) indicato per i neonati a rischio di allergie o di intolleranze.
Nota. Vale la pena precisare che il confronto qui non è tra soia OGM e soia normale ma tra proteine derivate dalla soia e proteine del latte. Una precisazione anche in questo caso opportuna dati gli allarmismi (anche qui ingiustificati e senza fondamento scientifico - vedi qui e qui) lanciati dai tanti guru anti-ogm le cui credenziali scientifiche però sono ... lauree in filosofia o in scienze politiche (Mario Capanna, giusto per fare un nome).
Le ragioni che hanno spinto i ricercatori ad iniziare questo studio vanno cercate nei dati raccolti durante uno studio farmacologico sui topi volto a testare un farmaco anticonvulsivo. Per pura casualità si osservò che il mangime standard dato a topi geneticamente predisposti alle convulsioni alterava la frequenza con cui gli attacchi convulsivi si manifestavano spontaneamente. Un problema metodologico non irrilevante che spinse i ricercatori a testare alimenti a composizione rigorosamente definita; in effetti l'utilizzo di cibo uguale per tutti riduceva considerevolmente la variabilità interna degli attacchi.
Dopo lunghe indagini si scoprì che era la componente proteica a fare la differenza ed in particolare l'elemento centrale era l'origine delle proteine, animale o vegetale; cibo arricchito con proteine di origine vegetale (vale a dire soia) erano sconsigliati rispetto a cibi con proteine animali (ad esempio derivanti dalla caseina). Per essere ancora più chiari, eliminando la soia si riduceva di per se la frequenza di attacchi convulsivi nei topi predisposti (nessuna differenza invece nei topi normali).
"Il dato interessante per noi fu che variando la dieta si potevano ottenere risultati equivalenti a quelli ottenibili con alcuni dei farmaci più comuni" ricorda ora la Westmark.
Quale sia il meccanismo alla base del fenomeno è ancora oggi ignoto anche se i ricercatori ipotizzano che un ruolo importante sia giocato dai fitoestrogeni, i cui livelli sono naturalmente elevati in piante come la soia.
Il problema è che anche con questa osservazione era molto difficile fare una correlazione certa tra proteine vegetali e rischio convulsivo dato che le variabili presenti sono molte. Le persone, ad esempio, mangiano, direttamente o indirettamente, molti prodotti derivati dalla soia; trovare un legame causa-effetto (o escluderlo) necessitava di un campione controllato, come soggetti la cui alimentazione fosse principalmente basata su prodotti contenenti o privi di soia.
I neonati erano un campione ideale per l'analisi retrospettiva. Si trattava di usare i database (in questo caso quelli della Simons Foundation Autism Research Initiative) e incrociare i dati tra alimentazione e attacchi convulsivi sia nei soggetti autistici che nel controllo rappresentato dai bambini sani.
Il motivo per cui si scelsero i bambini autistici come popolazione target deriva da quanto scritto sopra; i bambini autistici sono a maggior rischio convulsivo rispetto alla media dei bambini, quindi un eventuale effetto scatenante indotto dalle proteine della soia (di per se basso altrimenti sarebbe stato già osservato) è amplificato e di conseguenza più facile da provare statisticamente.
Proprio grazie a questo approccio (analisi osservazionale retrospettiva e NON sperimentale) si sono potuti raccogliere i dati ora presentati nell'articolo pubblicato sulla rivista PLoS ONE. Qui gli autori concludono che il rischio per un bambino autistico alimentato con prodotti derivati dalla soia è circa 2,6 volte maggiore rispetto ai bambini autistici che non ne hanno fatto uso.
Per contestualizzare meglio i dati bisogna sottolineare che l'impatto effettivo (o la penetranza dell'effetto) è relativamente basso se si considera che solo il 4,2 % dei bambini autistici con dieta arricchita di soia ha sperimentato convulsioni febbrili contro l'1,6 % dei bambini sani. Il che vuol dire che la gran parte dei bambini nei due gruppi NON ha mostrato nel periodo in esame attacchi convulsivi (ivi compresi, ripeto, i bambini autistici nutriti con latte derivato dalla soia).
"Mangiare prodotti contenenti soia NON vuol dire per un bambino autistico andare incontro a convulsioni" sottolineano i ricercatori. E' un fattore di rischio che deve essere ulteriormente indagato data l'ampia diffusione della soia e la preoccupante frequenza di bambini autistici negli USA (1 ogni 88 nati vivi), quindi di soggetti sensibili, soprattutto tra quelli intolleranti al lattosio.

La cautela dei ricercatori è d'obbligo dato che lo studio condotto non è un classico (e rigoroso) studio clinico randomizzato, l'unico modo per provare relazioni di causa-effetto. Si è trattato di uno studio osservazionale retrospettivo, privo quindi della omogeneità necessaria ad ottenere dati chiari.
Per quanto riguarda i bambini sani, non ci sono al momento indicazioni (ne sospetti) sull'esistenza di una correlazione tra attacchi convulsivi e latte derivato da soia.
Studi futuri dovranno indagare quale è il vero agente causale di questo fenomeno. Dire soia di per se non vuol dire nulla in quanto se i responsabili fossero veramente i fitoestrogeni, questi nulla avrebbero a che vedere con la componente proteica della soia. Anzi i fitoestrogeni sono considerati benefici per la loro attività nell'abbassare i livelli di LDL come ampiamente reclamizzato su alcuni yogurt funzionali

Fonte
- Soy Infant Formula and Seizures in Children with Autism: A Retrospective Study
Cara J. Westmark, PLOS ONE (12 Mar 2014)

- Study suggests potential association between soy formula and seizures in children with autism
University of Wisconsin-Madison, news

Evolvere da orso bruno ad orso polare equivale a mutare per sopravvivere in condizioni estreme

La "trasformazione" da orso bruno a orso polare è il risultato di una pressione selettiva. O per usare termini semplici, è il risultato dell'accumulo di mutazioni in grado di conferire all'animale che vive nelle zone artiche un vantaggio selettivo rispetto ai consimili.

Orso polare (©wikipedia)
La capacità di adattarsi alle variate condizioni ambientali è uno dei meccanismi base dell'evoluzione. Lo si riscontra ad ogni livello evolutivo; dalla coltura batterica quando viene esposta a condizioni parzialmente non permissive per la crescita, all'essere umano in cui sono ben evidenti le caratteristiche genetiche selezionate nelle diverse popolazioni per favorirne la sopravvivenza nei diversi ambienti colonizzati. Rimanendo in ambito umano gli esempi sono innumerevoli, ad esempio la particolare distribuzione delle ghiandole sudoripare negli inuit, gli indigeni che abitavano le aree tra Canada e Groenlandia. In queste popolazioni che vivono da millenni nell'artico, la selezione naturale ha favorito individui in cui le cui ghiandole sudoripare sono praticamente assenti nel corpo tranne che sul volto. Un adattamento fondamentale per vivere alle temperature polari dove il sudore corporeo anche sotto gli indumenti congelerebbe (madre natura non aveva previsto che gli umani inventassero i moderni indumenti tecnici basati sul Goretex per dissipare il vapore acqueo).

Rimaniamo nell'artico e troviamo un altro essere vivente fortemente legato al mondo degli inuit, cioè l'orso bianco. Chi sia il cacciatore e chi la preda sarebbe stato fino a pochi decenni fa impossibile da definire dato che condividendo la stessa nicchia ecologica (spazi e prede in comune) il ruolo di concorrente e preda erano termini intercambiabili.
Tra i due il primo arrivato, l'orso, ha avuto più tempo per adattarsi e ha fatto valere per secoli tale vantaggio adattativo. L'essere umano ha risposto con la capacità unica di cercare soluzioni che la genetica non gli aveva, ancora, fornito. Un equilibrio perfetto fino a che l'innovazione tecnologica non ha rimesso tutto in discussione. Ma questa è un'altra storia.
Quello che mi interessa oggi portare all'attenzione degli interessati è un articolo da poco comparso sulla prestigiosa rivista Cell, in cui si descrivono gli ultimi risultati derivanti dal sequenziamento del genoma dell'orso polare e le informazioni da esso ricavabili riguardo la transizione evolutiva da orso bruno ad orso polare.
Nota. Tecnicamente parlando gli orsi bruni e gli orsi bianchi non appartengono a specie diverse in quanto la definizione di specie biologica implica un isolamento riproduttivo tale che ogni incrocio tra specie diverse può, nel migliore dei casi, dare luogo a progenie sterile. Questo il motivo per cui i cani seppure molto diversi tra loro appartengono alla stessa specie mentre asino e cavallo no (il risultato della loro unione genera il mulo che è sterile). Meglio allora parlare di questi orsi come "rami" diversi della stessa specie che hanno il pregio scientifico di essere molto interessanti da studiare in quanto forniscono informazioni su quali siano state le varianti geniche selezionate che, sedimentate, hanno permesso ad un orso polare di vivere "agevolmente" in un ambiente estremo.

Cominiciamo con il dire che per trovare l'antenato comune alle due popolazioni di orsi bisogna risalire a circa 400 mila anni fa.
credit: polarbearscience.com
 In questo intervallo di tempo gli orsi "pre-polari" si sono trovati loro malgrado a vivere in un ambiente ben diverso da quello boschivo del nord America; una situazione che ha favorito la selezione di orsi "modificati", dotati cioe' di una serie di cambiamenti fisiologici adatti ai climi artici e alla dieta iperlipidica che le loro prede obbligate, i "grassi" mammiferi e pesci marini artici, imponevano.
Una dieta ben diversa da quella variegata (e ricca di vegetali) dei cugini "bruni".

Il lavoro condotto da una equipe internazionale, consistito nella analisi comparativa di 89 genomi completi di orso polare e di orso bruno, ha permesso di identificare i geni (o meglio le varianti geniche) selezionate negli orsi polari.
Particolare curioso, i geni chiave di questo processo adattativo sono gli stessi di quelli che nell'essere umano sono associati alle cardiomiopatie e alle malattie vascolari in generale. Oltre ovviamente a quelli determinanti l'assente pigmentazione del pelo.
Una evidenza questa che mostra come l'apparato cardiovascolare sia il sistema che ha dovuto subire il maggiore rimaneggiamento per consentire l'adattamento al nuovo ambiente. Tra i geni identificati cito solo APOB, che codifica la componente proteica maggioritaria del ben noto colesterolo LDL; le mutazioni in questo gene spiegano perché gli orsi polari convivavno per tutta la vita con alti livelli di LDL senza per questo essere a rischio di malattie cardiache.

Conoscere le variazioni fisiologiche alla base dell'adattamento ambientale è non solo importante da un punto di vista scientifico ma, prospettivamente, potrebbe fornire un nuovo strumento per disegnare strategie terapeutiche specifiche, ad esempio, per la ipercolesterolemia


Fonte
- Population Genomics Reveal Recent Speciation and Rapid Evolutionary Adaptation in Polar Bears
 Shiping Liu et al Cell (2014) 157 (4) 785 

Riparare le lesioni con metallo liquido. Quasi come in Terminator

Il futuro è qui (o quasi): un trattamento con metallo liquido in stile Terminator per riparare i danni ai nervi
Una procedura non chirurgica per facilitare la riparazione di nervi troncati.


Siamo ben lontani dalla capacità di autoriparazione dei tessuti che film come Terminator con i cyborg prima e X-Men con il mutante Wolverine, tra gli ultimi, ci hanno mostrato; tuttavia qualcuno ha preso questa idea quasi alla lettera e sta cercando di realizzarla.

E' il settimanale USA Newsweek a rivelarci che un gruppo di neurochirurghi cinesi, sta lavorando ad un nuovo metallo liquido in grado di facilitare la riparazione di fibre nervose recise.


Una idea non fine a se stessa se si considera che solo negli USA sono 20 milioni le persone che soffrono delle conseguenze di lesioni dei nervi del sistema nervoso periferico, siano esse a carico del midollo spinale oppure dei nervi periferici. 
Sezione di nervo troncato
Se alcuni di questi danni possono oggi essere trattati mediante interventi chirurgici e terapie riabilitative è purtroppo ancora un dato oggettivo il fatto che quando una fibra nervosa è recisa l'unica opzione possibile è quella di ripristinare il collegamento. Una procedura questa possibile purché il danno non sia esteso e ancora più importante che non sia passato troppo tempo dall'evento traumatico, pena la degenerazione irreversibile delle terminazioni nervose. Negli ultimi anni le procedure chirurgiche sono notevolmente migliorate anche grazie a tecniche ricostruttive che hanno fatto uso di innesti nervosi derivanti da altre parti del corpo come pure da donatori deceduti.
Un processo tutt'altro che perfetto in quanto si basa sulla capacità delle terminazioni di crescere e di "saldarsi funzionalmente" in modo corretto; tra i fattori limitanti la lentezza intrinseca della crescita nervosa, che, quando pure avviene, può richiedere anni. Un tempo eccessivo dato che nel frattempo, e in assenza di una terapia riabilitativa continua, specifica e (bisogna sottolinearlo) costosa, si ha una atrofia degenerativa delle fibre muscolari collegate ai nervi interessati.
Risultato? Disabilità permanente anche una volta che il nervo si è "saldato".
I ricercatori della Tsinghua University di Pechino, guidati da Jing Liu, sono partiti dall'ipotesi che se i segnali nervosi originati dal cervello potessero raggiungere il muscolo per il tutto il tempo necessario alla guarigione del nervo, il processo di guarigione ne beneficerebbe enormemente.
L'effetto della giunzione metallica sulla fibra nervosa troncata. Courtesy of Jie Zhang et al (thanks to storiesbywilliams.com)
Per verificare la fattibilità di questa idea il team di Liu ha prima troncato e poi preso il nervo sciatico insieme al muscolo del polpaccio di una rana toro e lo ha immerso in un liquido metallico derivante da una lega di gallio, indio e selenio (GaInSn). L'immersione nel metallo rende possibile la formazione di un ponte provvisorio tra le estremità troncate così da permettere il passaggio dei segnali elettrici (essendo un metallo) da cervello ai muscoli (e ritorno) con efficienza simile a quella del nervo intatto.
Una volta "costruito il ponte" tra le terminazioni nervose, il frammento è stato reinserito nella rana. Il processo di guarigione ha dato risultati più che soddisfacenti.
Il reinnesto dopo il bagno metallico (Courtesy of Jie Zhang et al)
Fatta la prova concettuale di fattibilità, l'idea è che, una volta appurato che il trattamento è di per se sicuro sul lungo periodo, questo bagno nel metallo liquido fatto nella zona lesionata potrebbe facilitare enormemente il processo di guarigione anche in malati umani.

La strada da fare è ancora molta, e mai vedremo l'immagine in stile cyborg di una ferita che si ripara riempendosi di metallo liquido, ma almeno si è cominciato ad esplorare la fattibilità dell'approccio.

(articolo sul tema "terapie future e rischi attuali": i turismo delle staminali)

Fonte
-  Liquid Metal as Connecting or Functional Recovery Channel for the Transected Sciatic Nerve
Jie Zhang, Lei Sheng, Chao Jin, Jing Liu, (2014), arXiv.org > physics > arXiv:1404.5931 (PDF)

- Full-Metal Therapy 
Matthew Mientka, Newsweek, May 22, 2014

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