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Dimenticavo. Questo blog NON contiene olio di palma (è così di moda specificarlo per ogni cosa...)

Sui grassi vegetali e sui futuristici sostituti dell'olio di pesce

Parlando di grassi animali e vegetali due sono le cose da ricordare: 1) è sbagliato associare l'idea di grasso vegetale (olio) a salute e grasso animale a pericolo; 2) i grassi animali presenti nei pesci sono importanti ma l'aumento della domanda crea gravi problemi di sostenibilità ecologica.

Facciamo una rapida panoramica di questi due temi:

1) i grassi vegetali, ricchi di acidi mono- e poli-insaturi (questo il motivo del loro essere oli, cioè liquidi), non sono per sé un sinonimo di salute.

L'olio di palma e l'olio di colza sono due esempi di oli alimentari su cui bisogna fare molta attenzione.
Se il primo è finito recentemente sotto i riflettori dei media generalisti a causa dell'ampio utilizzo nell'industria alimentare (--> Altroconsumo), sull'olio di colza è necessario fare dei distinguo importanti. La versione in vendita nei supermercati (nota anche come olio di canola) è di fatto ben diversa da quella commercializzata non molti anni fa; il trattamento a cui viene oggi sottoposta la priva del componente tossico principale, cioè l'acido erucico, dannoso per fegato e cuore. Il risultato è un olio molto apprezzato soprattutto in nord-europa e da molti nutrizionisti a causa dell'alto contenuto di acido oleico (livelli paragonabili a quelli presenti nell'olio d'oliva) e, cosa ancora più importante e rara per un olio vegetale, della presenza di acido alfa-linolenico che altro non è che il capostipite degli omega-3, acidi grassi con dimostrati effetti antinfiammatori e ipotrigliceridemizzanti.
Quindi siamo di fronte ad un olio "cattivo" che solo se opportunamente trattato diventa un ottimo compendio alimentare, soprattutto in nazioni che non hanno immediato accesso all'olio d'oliva o al pesce azzurro.
Altro esempio di quanto sia errato avere una visione manichea dei grassi (buoni gli oli e cattivi gli altri) viene da un lavoro pubblicato sul Canadian Medical Association Journal da un team dell'università di Toronto. L'elemento centrale dello studio è che alcuni oli vegetali considerati finora salutari, in quanto capaci di abbassare il colesterolo ematico, presentano lati oscuri poco studiati.
Richard Bazinet uno degli autori dell'articolo, centra parte della discussione sul pericolo di una attitudine mentale (ampiamente condizionata dalla moda salutista) di respingere a priori i prodotti contenenti acidi grassi saturi di origine animale a favore dei polinsaturi di origine vegetale.
Una convinzione invero supportata da studi classici che mostrano i benefici effetti degli oli vegetali nel ridurre il colesterolo. Proprietà questa ampiamente reclamizzata sulle confezioni dei prodotti vegetali dove si sottolinea l'assenza di grassi animali e i conseguenti vantaggi per l'apparato cardiovascolare.
Come anticipato è molto pericoloso cullarsi in tale convinzione manichea e additare il LDL come simbolo di ogni male (--> qui). Non solo i grassi animali sono importanti (purché all'interno di una dieta equilibrata) ma è particolarmente importante fare attenzione al rapporto relativo tra i diversi acidi grassi polinsaturi; di particolare importanza è il rapporto quantitativo tra i due acidi grassi polinsaturi maggiormente presenti negli oli, vale a dire gli omega-3 e gli omega-6. I primi più attivi nell'abbassare i livelli ematici dei trigliceridi, i secondi importanti nel ridurre la colesterolemia totale (quindi anche del HDL, il colesterolo "buono").
Fonte principale di omega-6 sono gli oli di semi, la frutta secca ed i legumi, mentre per l'omega-3 bisogna rivolgersi ai pesci dei mari freddi, olio o semi di lino.
Evito in questa sede di ridiscutere le caratteristiche base degli omega-3. Consiglio chi fosse interessato di leggere l'ottimo approfondimento pubblicato sui Quaderni della Società Italiana di Farmacologia dal titolo "Gli Omega 3: caratteristiche metaboliche e proprietà funzionali" (--> PDF).
Tornando all'allarme lanciato da Bazinet, nel suo lavoro si cita uno studio pubblicato a febbraio 2013 in cui si afferma "(...) nel gruppo dei soggetti con alimentazione ricca di acidi grassi saturi si è valutato l'effetto di una dieta sostitutiva in cui al posto dei grassi "pericolosi" venivano dati alimenti ricchi in omega-6 ma poveri di omega-3. In teoria la dieta doveva essere più salutare essendo stata privata dei grassi animali (saturi) e questo sembrava provato dal significativo calo (circa del 10%) del colesterolo ematico rispetto al controllo e alla condizione di partenza".
Ma le apparenze ingannano.
Infatti sebbene i soggetti avessero livelli di colesterolo migliori dopo il passaggio alla dieta salutista, i dati retrospettivi mostrano che il loro profilo di rischio per mortalità dovuta a malattie cardiovascolari e coronariche era in realtà maggiore!
"I dati sono chiari", ha sottolineato Bazinet. "Dalla metanalisi si osserva che il rischio di malattie cardiache aumenta del 33 per cento in seguito ad una dieta ricca di omega-6 e povera di omega-3".
Questo sottolinea come molti siano i parametri fisiologici modificati con la dieta di cui si sa ancora troppo poco.
Sarebbe bene, conclude Bazinet modificare le etichette dei prodotti in modo da sottolineare non tanto la presenza di oli vegetali quanto il contenuto di oli contenenti omega-3.

La scelta migliore è quella di prediligere prodotti con basso rapporto omega-6/omega-3.

Fonti
- "Healthy" vegetable oils may actually increase risk of heart disease, researchers say
University of Toronto, news
- Omega-6 polyunsaturated fatty acids: Is a broad cholesterol-lowering health claim appropriate? 
RP Bazinet et al, CMAJ (2014) 186(6):434-9


****
2) Il crescente sfruttamento del mare, l'inquinamento e le limitazioni intrinseche dell'acquacoltura rendono non sostenibile nel lungo termine l'idea di una alimentazione ricca di pesce.
Camelina (wikipedia)
Dobbiamo quindi rinunciare ai benefici effetti per il cuore di una dieta ricca dei acidi grassi polinsaturi che si trovano soprattutto nel salmone e nel pesce azzurro?
Forse una soluzione viene dal lavoro di Ruiz-Lopez e collaboratori che hanno ingegnerizzato i semi oleosi della camelina (pianta della famiglia delle Crocifere) in modo da farle produrre enzimi normalmente presenti nel fitoplancton, alghe e di alcuni protisti come gli oomiceti.

Il risultato della manipolazione sono semi contenenti grassi paragonabili a quelli presenti nell'olio di pesce; anzi a parità di peso ne contengono di più e nel rapporto corretto.
Forse in questi semi il futuro di una alimentazione veramente equilibrata.

So bene che tanti storcono il naso al solo pensiero di ogni manipolazione genetica ma vale la pena ricordare che l'insulina (essenziale per la vita di un diabetico) viene fatta produrre in batteri (Eli Lilly) o in lieviti (Novo Nordisk).

Fonte: Plant Biotechnol. J. 10.1111/pbi.12328 (2015)

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