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Virus. "Quasi-organismi" sub-microscopici

(Articolo aggiornato settembre 2021)
I virus sono disponibili in tutte le forme e dimensioni. I virus nella foto (in falsi colori)  sono:  vaiolo; Acidianus bottle-shaped virus; Acanthamoeba polifaga mimivirus; rabbia; batteriofago T4; Rotavirus; Ebola; virus del mosaico del tabacco; HIV-2.
(Iimage credit: SPL; M. Häring et al./j. Virol.; E. Ghigo et al./plos pathog.; Frederico A. Murphy / CDC Global)


I virus sono quasi-organismi incredibilmente semplici pur nella complessità della loro azione.
Ho volutamente condensato nella frase di incipit l'essenza delle problematiche teoriche associate allo studio dei virus, con l'inclusione di termini apparentemente contraddittori ("semplici" e "complessità") oltre che indefiniti ("quasi-organismi").
A sinistra una cellula attorniata da virus Ebola (in azzurro), a destra un classico virus dell'influenza

Cominciamo dalla "contraddizione" e più avanti capiremo anche il perché del sostantivo "quasi-organismi".
I due termini riflettono semplicemente il fatto che il pacchetto di informazioni racchiuso in un virus (vale a dire una sequenza nucleotidica - e di geni - ridotta all'essenziale) è sufficiente per permettere al virus di prendere il controllo di una cellula il cui contenuto informativo ("il programma") è enormemente più complesso. Potremmo semplificare dicendo che una specifica stringa di informazioni è in grado di riprogrammare una "macchina" ultra-sofisticata.
Non preoccupatevi, non avete sbagliato blog, non sto parlando di virus informatici ma di biologia. Parlo dei virus che possono causare malattie (pochi) e della stragrande maggioranza di quelli con cui noi entriamo quotidianamente in contatto ma che sono totalmente inerti per le nostre cellule ... semplicemente perché non siamo il loro bersaglio, anzi meglio, siamo per loro totalmente invisibili. Non è per caso invece se gli informatici hanno deciso di copiare il termine virus per indicare delle "stringhe di comando" in grado di modificare il comportamento di un programma o di un intero computer. Il principio alla base è lo stesso.

Chiarisco subito che non è questa la sede per avere una idea di base su cosa sia un virus. Oltre a wikipedia ci sono in rete molti siti divulgativi ben fatti in grado di fornire le informazioni minime sull'argomento (cominciate da Sapere e Treccani). Non si tratta infatti di un argomento riassumibile in poche righe, come ben si evince dall'essere una materia chiave nei corsi di laurea in scienze biologiche e oggetto di specializzazioni post laurea. 
Scopo di questo articolo è solo evidenziare alcune curiosità dal mondo dei virus, comprensibile sia a chi abbia una infarinatura di biologia del liceo che al semplice appassionato di scienza.

***
Organismi o non-organismi?
Gran parte degli articoli centrati sui virus iniziano con una frase opinabile cioè il definire i virus come i più semplici tra gli organismi viventi sul pianeta, privi di metabolismo, incapaci di riprodursi da soli ma in grado di dirottare tutto il macchinario cellulare (aggirandone le difese) per i propri fini. 
Nella precedente frase c'è il punto dolente, cioè il definire i virus come organismi, quindi per definizione degli esseri viventi. Una visione non corretta che analizzemo nel punto 1 delle curiosità sui vrus.

La continua scoperta di nuovi virus man mano che la ricerca si sposta "fuori" dalle aree di pertinenza sanitaria ed economica, ha imposto una rivisitazione della struttura a 5 livelli in una a 15 livelli, sulla falsariga del modello linneano.
Image credit: Nature (2020)
 
 

1. I virus non sono davvero vivi
I virus sono una continua sfida alla nostra salute come dimostrano l'epidemia di morbillo (assolutamente evitabile, vedi QUI), la devastazione causata da Ebola in Africa occidentale (QUI) e le epidemie annuali di influenza. Questa sfida continua è un dato di fatto non solo per animali e piante ma anche per batteri e protozoi. 
Virus T4, il classico esempio di batteriofago (virus batterico). A sinistra immagine al microscopio elettronico. Le forme dei virus sono estremamente eterogenee (vedi ad esempio qui)
Il virus T4 nel dettaglio: DNA e proteine

I virus fanno il loro mestiere cioè creare nuove copie di se stessi. Una attività che non necessariamente porta alla morte della cellula; anzi, i virus "migliori" (cioè quelli che si sono meglio adattati al proprio ospite) sono quelli che evitano di "stressare" troppo la cellula. Eliminare l'unico strumento che un virus ha per propagarsi equivale infatti ad auto-estinguersi.
Estrema schematizzazione di propagazione virale senza lisi cellulare (credit: wikimedia/waglione)
Nota: si tratta di una GIF per cui se vedete solo l'immagine statica cliccate sopra

Questo sfruttamento e le contromisure adottate dalle cellule infettate è una attività che risale alla notte dei tempi con la  comparsa delle cellule e la successiva coevoluzione di ospite e parassita.
Perché dovrebbero allora esserci dubbi se catalogare i virus come esseri viventi? E se non sono esseri viventi, che cosa sono?
La miglior soluzione possibile è quella di posizionare i virus in una zona al confine tra vita e non-vita. Una scappatoia semantica forse, ma molto utile come vedremo in seguito.
Per affrontare questo argomento è necessario però dare una definizione di "vita", senza la quale non ha senso porre una barriera tra ciò che è vivo e ciò che non lo è.
Un compito non facile. Anni di dibattiti hanno portato ad un consensus per il quale
se coesistono contemporaneamente TUTTI questi elementi
  • metabolismo
  • omeostasi
  • organizzazione
  • crescita
  • adattabilità 
  • responsività a stimoli 
  • riproduzione
allora si può parlare di organismo vivente.
Molti oggetti chiaramente non biologici (dai minerali al fuoco) hanno alcune di queste proprietà (il fuoco si "riproduce" ed espande finché c'è materiale combustibile o ossigeno ...), da qui la necessità di possedere tutte le caratteristiche come punto di demarcazione tra biologico e non biologico. 
Quante di queste proprietà sono associabili ai virus? Facciamo prima a dire che cosa hanno:
  • geni (da un minimo di 2 fino a centinaia), 
  • evolvono grazie alla selezione naturale, quindi sono adattabili
  • si riproducono
  • si organizzano in strutture (le particelle virali) molto specifiche. 
  • potrei perfino attribuire a loro una parvenza di responsività basata sulla capacità di interagire in modo specifico con un recettore di membrana ...
 tuttavia non hanno un loro metabolismo, di sicuro non crescono e non hanno omeostasi. La cellula ospite è il mezzo senza il quale il virus ... non fa nulla.
Anche una "semplice" cellula batterica è di gran lunga più viva di un virus: ha un proprio metabolismo; è in grado di riprodursi da sola; ha una propria struttura (la cellula); risponde e si adatta alle variazioni ambientali; ha un migliaio di geni (circa un ventesimo di quelli presenti negli organismi superiori); non dipende da terzi per attuare tutte queste funzioni.
Quando una particella virale non si trova dentro una cellula è assolutamente inerte, come se fosse un microscopico granello di sabbia. E' solo un pezzo di informazione genetica, circondato da alcune proteine. Questa la ragione principale per cui gran parte degli scienziati non considerano i virus come organismi viventi. D'altro canto sarebbe errato equiparare un virus ad un semplice granello di sabbia dato che in condizioni predefinite (virus integro e in presenza di una cellula permissiva, NON una cellula qualunque) l'informazione fino ad allora inerte si attiva e il virus prende il comando della cellula ordinando a tutti i sistemi cellulari di fare una sola cosa: creare copie del virus.

Il dibattito sui virus non è nuovo; già nel 1892 il microbiologo russo Dmitry Ivanovsky parlò di una infezione causata da qualcosa di molto più piccolo di un batterio per spiegare la malattia della pianta del tabacco. Si dovettero attendere anni perché Wendell Stanley identificasse e purificasse questo misterioso agente patogeno (TMV, il virus della pianta del tabacco), uno sforzo premiato nel 1946 con il Nobel - notare bene - per la chimica e NON per la medicina. Per questo si preferisce ancora oggi parlare dei virus come una categoria al confine del "bio".
Si deve a Walter Reed (ufficiale medico americano) nel 1901 la prima associazione tra malattia umana (febbre gialla) e virus trasmesso da una zanzara.
Per altre informazioni sul dibattito "i virus sono vivi?" vi rimando a due siti divulgativi in inglese (NASA e Scientific American). L'interesse della NASA per la definizione di "vita" non è casuale: come cercare una forma di vita su Marte (o altrove) se non sai definire esattamente cosa cerchi?

2. I virus sopravvivono dirottando il funzionamento di un organismo vivente
Da un punto di vista evolutivo i virus rappresentano una sfida non semplice. Quale è la loro origine? Una teoria ipotizza che i virus fossero già presenti all'epoca del cosiddetto "mondo a RNA" in cui le stringhe di informazioni dotate di attività autocatalitica si organizzavano all'interno di nicchie protette. Alcune di queste nicchie, delimitate da un doppio strato lipidico, avrebbero originato le cellule; altre invece, delimitate da proteine, avrebbero parassitato quelle a base lipidica, originando i virus. All'opposto un'altra teoria ipotizza che i virus siano un prodotto regredito di antiche cellule parassite semplificatesi al massimo (hanno conservato solo l'acido nucleico e gli strumenti per indurre la cellula ospite a copiarlo). 

Come il virus dell'influenza infetta una cellula
Se non vedi il video --> Youtube

Qualunque sia la teoria corretta è indubbio che hanno trovato un modo molto efficiente per mantenersi e moltiplicarsi. Una volta entrati in una cellula adatta, si appropriano del macchinario biochimico, prendendo il controllo delle leve chiave. Come comandanti invisibili ridefiniscono le priorità di una cellula, sfruttandone sia l'energia metabolica che l'hardware produttivo per produrre in primis le proteine virali chiave e infine le copie dell'acido nucleico che vengono impacchettate all'interno di involucri costituiti da proteine virali. I virus migliori sono quelli che non uccidono il proprio ospite ma che continuano a usarlo per produrre magari meno virus per unità di tempo ma in modo continuativo. Negli organismi pluricellulari complessi questo si evidenzia con le infezioni asintomatiche e/o nelle infezioni croniche e di bassa intensità.
Molti sono gli esempi a supporto di questa co-evoluzione spontanea in cui dopo n generazioni di sfida continua, virus e ospite raggiungono un equilibrio di virulenza e resistenza che permette ad entrambe le popolazioni di persistere. Il migliore, in quanto  recente e ben studiato, è la dato dalla sfida, tuttora in corso, tra myxoma virus e conigli. 
Come sapete i conigli, introdotti nel '800 in Australia dagli inglesi si trasformarono in pochi anni in una specie invasiva e distruttiva dell'ambiente a causa dell'assenza di predatori naturali. A metà degli anni '50 si tento un esperimento di controllo biologico utilizzando il myxoma virus (famiglia dei poxvirus a cui appartiene anche il vaiolo) innocuo per esseri umani e altri grandi mammiferi ma letale (mixomatosi) per i conigli.
Nel giro di soli 5 anni dal momento in cui il virus venne introdotto, e con sommo rammarico di chi sperava di avere trovato una soluzione definitiva ai conigli, la selezione operò riducendo la mortalità dal 99% iniziale a circa il 20%. fino alla quasi totale resistenza odierna. La lotta tra i due non è finita perché il virus, rimasto endemico ha evoluto contromisure che hanno permesso di superare la resistenza dei conigli. La "palla" (mossa evolutiva ora spetta al coniglio).
In pochi anni e in modo assolutamente spontaneo si è passati da un virus letale nel coniglio ad una "coesistenza pacifica"
(Immagine ricreata dalla Tab.1 di F. Fenner (1959) Br. Med. Bull.)
 
La domanda che subito sorge spontanea è: "se esiste questo equilibrio per cui virus ed ospite raggiungono un punto di equilibrio, per quale motivo abbiamo malattie virali letali come Ebola, AIDS, etc?". La ragione è che si tratta di zoonosi recenti, cioè del recente passaggio di un virus dal suo serbatoio naturale (pipistrelli nel caso di Ebola, scimmie nel caso HIV) alla specie umana. Non a caso nella specie "sorgente" da cui è arrivato il virus, l'infezione si associa a sintomi lievi o di sostanziale asintomaticità. E' passato troppo poco tempo dal momento in cui il nuovo virus è divenuto capace prima di infettare un umano e poi, con altra mutazione, di trasmettersi tra umani. Nel caso del proto-HIV (o variante SIV) si ritiene che il passaggio sia avvenuto nella prima metà del secolo scorso, mentre nel caso di Ebola (o della SARS) si tratta di passaggi sempre nuovi tra animale e sapiens.

Nell'esempio precedente (myxoma-coniglio), la velocità di raggiungimento di un punto di equilibrio evolutivo è spiegabile con la dinamica dell'epidemia "artificiale" (indotta) il virus è stato fatto diffondere a partire da una popolazione iniziale di conigli molto numerosa: l'alto numero ha reso possibile la presenza e selezione di conigli resistenti e la comparsa (e selezione spontanea) di virus attenuati. In pratica una condizione di evoluzione accelerata.

3. I virus si evolvono più velocemente di qualsiasi altro organismo vivente
A differenza delle cellule (siano esse procarioti o eucarioti) dotate tutte di DNA a doppio filamento, i virus come gruppo hanno un genoma variegato. Esistono virus a DNA e a RNA, che si distinguono poi non solo nel possedere doppio (dsDNA o dsRNA) o singolo  (ssDNA o ssRNA) filamento ma in quest'ultimo caso anche come "polarità" (riferita al contesto codificante) cioè ssDNA-, ssRNA-, ssDNA+ o ssRNA+ (ad es. il coronavirus).
Le specifiche del genoma determinano la modalità di replicazione dentro la cellula (citoplasmatica o nucleare).
Quando una copia del genoma del virus entra in una cellula ospite, si moltiplica in modo nettamente più rapido (temporalmente e numericamente) di quanto è possibile per una cellula. In poche ore possono essere formate migliaia di particelle virali che vengono rilasciate nell'ambiente esterno. La replicazione virale è inoltre "programmata" per fare errori di copiatura e questo è tanto più vero nei virus a RNA a causa della assenza dei meccanismi di correzione dell'errore nella RNA polimerasi. L'insieme di questi due elementi (alto numero e alta frequenza di errore) spiega l'elevata velocità evolutiva intrinseca di un virus e, quindi, la comparsa di mutanti resistenti a terapie o in grado di sfuggire all'attacco del sistema immunitario.
Il grafico seguente descrive la capacità di mutare in base alla tipologia di cellula e di genoma posseduto. I virus a RNA sono tra i più "bravi" ad evolvere (mutare) sfuggendo alla caccia del sistema immunitario che a sua volta continua a cambiare per stare dietro al bersaglio che continua a "cambiare aspetto" (in senso immunologico).
Solo i viroidi (a tutti gli effetti "relitti" del mondo a RNA, incapaci di codificare per alcuna proteina) sono più bravi a mutare dei virus a RNA


4. Il mondo dei virus è variegato
I virus possono essere a DNA o a RNA (a loro volta suddivisibili in sottocategorie a seconda del numero di elementi, dell'essere a singolo o doppio filamento, etc), possono integrarsi nel genoma della cellula ospite (diventando da esso "indistinguibile") oppure rimanere in forma episomale. Possono essere di "bocca buona" e infettare sia più tipi diversi di cellule di uno stesso organismo che diversi organismi, oppure essere estremamente specifici. Possono rimanere "attivabili" per lungo tempo una volta rilasciati nell'ambiente oppure per soli pochi minuti.
Molti virus hanno elevato il loro parassitismo ad un tale livello da avere perso la loro "libertà", rimanendo integrati nel genoma dell'ospite; alcuni di questi continuano a produrre proteine virali e sono in grado di tanto in tanto di cambiare posizione nel genoma (ma sempre senza produrre particelle virali, esempio tipico nelle cellule neuronali) altri sono di fatto dei residui fossili non più in grado di fare alcunché. In mezzo tutte le varianti possibili.
E potrei andare avanti. Il concetto importante è che per capire il funzionamento di un virus non è sufficiente identificare la classe di appartenenza ma bisogna studiarne il genoma.

5. Semplicità e complessità
I virus sono così "naturali" e semplici che, i più semplici tra loro, possono essere assemblati in provette semplicemente mescolando le componenti base, vale a dire proteine e acido nucleico, a determinate condizioni di temperatura, acidità e salinità. Un autoassemblaggio che non deve sorprendere essendo il prodotto della "semplice complessità" evolutiva ottenuta in quasi quattro miliardi di anni di "messa a punto".
Corollario di questa capacità di autoassemblaggio è la possibilità (attuale) di fare virus "su misura" per scopi terapeutici. Se fino a pochi anni (direi fino agli anni '90) creare una sequenza di DNA (o RNA) specifica era non solo teoricamente complesso ma al di là delle possibilità tecnologiche, oggi possiamo prenderci una rivincita sui virus usandoli come strumenti terapeutici, prospettivamente, molto interessanti. Parlo di virus assemblati usando il solo involucro di virus naturali perfetti per "infettare" una cellula specifica e veicolarne al suo interno quello che vogliamo, ma ovviamente incapaci di riprodursi. Ad esempio i virus oncolitici (ancora in fase sperimentale) sono stati pensati per infettare solo le cellule tumorali di un paziente e ucciderle portando al loro interno (e solo li) sostanze tossiche. Altra possibilità è quella di riparare difetti genetici in pazienti affetti da malattie altrimenti incurabili: il gene normale viene veicolato dal virus all'interno della cellula permettendo così di compensare il gene non funzionante.

6. I virus sono molto belli
Nonostante la loro distruttività come agenti patogeni, i virus al microscopio elettronico hanno una bellezza innegabile, superiore a quella di un singola cellula. Le particelle virali hanno una simmetria maggiore rispetto a qualsiasi altra struttura esistente in natura, molte delle quali dotate di simmetria icosaedrica, come un pallone di calcio vecchio stile con i suoi 12 pentagoni neri e 20 esagoni bianchi. Altri, come il virus T4 dei batteri sembrano una navetta spaziale pronta all'allunaggio.


7. Attivi per quanto?
Non potendo definirli "vivi" ripieghiamo su un termine più neutro come "attivabili", ad indicare la loro capacità di entrare in azione una volta entrati in contatto con la cellula giusta. Ogni virus è un caso a parte essendo il risultato di una selezione specifica in condizioni molto diverse. Molti virus hanno una durata indefinita nell'ambiente (mesi, anni?) mentre altri sopravvivono solo minuti al di fuori del loro ospite. Al primo caso appartengono la stragrande maggioranza dei virus batterici ma anche alcuni virus enterici umani come il Norovirus responsabile delle gastroenteriti "da crociera" (in grado di resistere almeno un paio di settimane su superfici come pomelli, sanitari, etc). Al secondo gruppo appartiene HIV che si inattiva nel giro di minuti al di fuori dei fluidi corporei.

8.  Alta pressione dentro il capside
Ogni virus trasporta all'interno del capside il proprio materiale genetico, contenente tutte le istruzioni per produrre nuova progenie virale.  Si tratta evidentemente di un carico prezioso che deve essere salvaguardato al massimo, o almeno per il tempo sufficiente per trovare una cellula adatta. Ma la protezione dal variegato ambiente esterno non è il solo motivo per cui i capsidi sono in genere delle vere e proprie barriere impenetrabili; deve infatti resistere alla elevatissima pressione del DNA o RNA lì stoccato, che può raggiungere pressioni pari a 10 atmosfere. Non stupisce allora la "facilità" con cui, una volta che il capside trova un recettore cellulare di suo gradimento, l'acido nucleico viene letteralmente "sparato" all'interno del canale creato (o indotto a seconda dei casi) dal virus. L'effetto visivo è simile a quello di un palloncino gonfio a cui viene aperto il beccuccio.
Nel video sotto, la simulazione al computer dell'iniezione del DNA durante l'interazione virus T4 e batterio.
Se non vedi il video --> Youtube

9. I virus sono in noi ... letteralmente
Circa l'8% del nostro genoma è di origine retrovirale. I retrovirus sono virus a RNA che usano usano il genoma dell'ospite come "veicolo" intermedio: subito dopo la conversione del RNA in DNA questo si integra nel genoma dove viene trascritto in RNA che verrà poi incorporato in nuove particelle virali. Questi virus non provocano la lisi della cellula ma possono danno luogo ad una infezione cronica (con ampie fasi silenti) che può durare per tutta la vita dell'ospite.
Durante il processo di integrazione capita con una certa frequenza che qualche cosa "vada storto", evento che genera inserti non funzionali (come capacità di produrre virus) che rimangono inerti nel genoma dell'ospite. Se l'infezione coinvolge anche le cellule germinali, questi "fossili" vengono trasmessi alle generazioni successive. La loro non funzionalità non esclude che alcuni dei geni virali possano essere trascritti; in assenza di selezione positiva queste unità trascrizione vengono messe sotto controllo, silenziandole, in genere mediante metilazione.
A volte pero le proteine virali si rivelano utili alla cellula o all'organismo che li ospita. Un esempio classico è quello della sincitina, una proteina fondamentale per i mammiferi placentati (quindi anche noi). La sincitina ha un ruolo cruciale nella formazione della placenta: è grazie a essa che alcune cellule placentari si fondono con le cellule dell'utero della madre, formando i cosiddetti sincizi (da cui il nome della proteina) che costituiscono lo strato esterno della placenta. Un residuo di una infezione produttiva fallita avvenuta qualche decina di milioni di anni fa ha permesso la comparsa della placenta.


***
Alcune curiosità sui virus:
1. Alcune vespe depongono le loro uova in bruchi che diventeranno così dei veri e propri incubatori per le larve. Il genoma della vespa contiene un virus endogeno che blocca il rigetto delle uova da parte del bruco. Un chiaro esempio di simbiosi tra due "predatori" a scapito del bruco.

2. Ogni millilitro di acqua di mare contiene circa un milione di virus Se dovessimo fare un calcolo di quanti virus ci sono nel mare arriveremmo alla cifra di 1030 virioni! Difficile da quantificare. Diciamo allora che se li allineassimo uno di fianco all'altro come perline lungo un filo immaginario, questo sarebbe lungo 200 milioni di anni luce … ben superiore al diametro della nostra Via Lattea (diametro di 100 mila anni luce). 
Questi numeri sono la migliore dimostrazione del fatto che un virus in assenza dell'ospite specifico è meno "fastidioso" di un granello di sabbia in una spiaggia. Questo non vuol dire che nell'ambito dell'ecosistema sia irrilevante. Anzi, gioca un ruolo chiave.

3. Il termine virus viene dal latino ed è sinonimo di veleno. Oggi sappiamo che il termine è estremamente riduttivo.

4. Se pensate che i virus sono una entità difficilmente classificabile, vi consiglio di leggere qualcosa sui prioni (i responsabili del famigerato "morbo della mucca pazza"). In questo caso non ci sono dubbi che queste strutture non sono vive essendo delle "semplici" proteine che a causa di mutazioni o in seguito all'innesco di altre proteine "simili" ma alterate inducono un effetto a cascata che trasforma utili proteine prioniche in "prioni"; una modalità funzionalmente simile all'infezione, solo che qui la "proliferazione" viene dal semplice contatto e non dalla produzione di nuove proteine.

5. Ogni giorno sul pianeta sono prodotti circa 1016 virus HIV, un numero che evidenzia la grandezza del serbatorio naturale da cui possono emergere ceppi resistenti alle nuove terapie, specialmente quando il trattamento non avviene secondo i dettami di continuità obbligatori per queste terapie.

6. Il virus più piccolo è il circovirus, un virus a singolo filamento di DNA scoperto nei maiali. La particella virale è  di circa 20 nanometri (nm) e ha al suo interno un genoma di 1700 nucleotidi (1,7 kb), codificante per sole due proteine.
Come vedremo poi la dimensione del genoma non è un indice univoco della complessità di un organismo. Il batterio Mycoplasma pneumoniae (una cellula, quindi in tutto e per tutto un organismo vivente) ha un genoma di soli 816 mila nucleotidi (codificante per circa 700 geni), una dimensione inferiore a quello di molti virus. D'altro canto alcune piante hanno un genoma ben più grande di quello umano: la Picea glauca ha un genoma di 20 Gbp contro i 3 Gbp umani e un numero di geni quasi il doppio (50 mila contro 23 mila).
Tra i virus a RNA, i retrovirus (come il virus del sarcoma di Rous che causa tumori nei polli) hanno dimensioni di 80 nm e 3500 nucleotidi. Se guardiamo ai virus a DNA a doppio filamento, il virus dell'epatite B (HBV) è di 42 nm per 3200 basi mentre i parvovirus pur essendo dimensionalmente più piccoli (25 nm) hanno un DNA più lungo (5 mila nucleotidi).
La dimensione del virus non è correlata con il grado evolutivo della specie ospite; anzi molti virus di batteri o di amebe sono dei veri e propri giganti (vedi sotto) rispetto a quelli che infettano i vertebrati. Il più piccolo virus batterico (ΦX174) è infatti più grosso del virus HBV (25 nm per 5 kb).

7. Virus giganti scambiati all'inizio per cellule. A questo gruppo appartengono i mimiviruses le cui dimensioni arrivano a 400 nm con un genoma di 1,2 milioni di basi (in molti casi il doppio del DNA di un batterio) che codifica per oltre 900 proteine. Il virus fu scoperto nel 1992 all'interno di una torre di raffreddamento durante una campagna di monitoraggio microbico in Inghilterra.
A seguire sono arrivati i Mamavirus, correlati ai Mimivirus ma ancora più grandi (750 nm). Ma non è la dimensione a caratterizzarli quanto la presenza di un virus satellite di nome Sputnik: il virus di un virus!!
Caratteristica comune dei virus giganti è il loro infettare amebe, eucarioti unicellulari di dimensioni tra poche decine a centinaia di micrometri. Una "scelta" ovvia dato che sarebbe impensabile ipotizzare l'esistenza di un virus "umano" grande poco meno di una cellula umana senza che questo porti alla morte immediata della cellula (e del virus).
Il Tupanvirus, scoperto nelle amebe è un vero gigante con il suo micrometro di lunghezza. È anche il virus con il maggior numero di geni (Image credit: J. Abrahão et al./Nat. Comm.)



8. Il nostro genoma, è fatto in gran parte di fossili retrovirali. Solo considerando gli HERV (retrovirus umani endogeni, 98 mila quelli presenti) si arriva a circa l'8% del nostro genoma! Si tratta come detto di fossili inattivi rimasti intrappolati (i retrovirus si integrano nel genoma cine tratto essenziale per la loro riproduzione) durante una infezione avvenuta in qualche momento nei passati tre miliardi di anni di evoluzione della cellula eucariotica.
La maggior parte di questi virus (non solo gli HERV) rimasti incastrati nel genoma sono dei veri e propri fossili di virus oramai scomparsi da eoni dalla biosfera. Nel 2005 alcuni ricercatori francesi hanno chiesto - e ottenuto - l'autorizzazione governativa a provare a riesumare qualcuno di questi mediante tecniche di "retromutazione". Non si pensi a qualcosa in stile Frankenstein ma "solo" a mutazioni specifiche in grado di correggere le mutazioni inattivanti presenti nel virus fossile.
La sequenza genomica "corretta" è stata poi inserita all'interno di un involucro virale adatto usato per infettare una cellula idonea. Il risultato è stato un virus in grado di infettare alcune linee cellulari umane anche se con scarsa efficienza. Verosimilmente nel tempo trascorso dall'epoca in cui tale virus era presente in natura, le cellule hanno evoluto meccanismi di difesa tali da prevenire i tentativi di hackeraggio, oramai primitivi, di questo virus. Non si è avuta come alcuni temevano alcuna apocalisse, ma a mio parere sarebbe meglio evitare di riattivare virus scomparsi dalla biosfera.

Questo è ovviamente solo un assaggio delle meraviglie (in senso biologico, le malattie non hanno nulla di bello) del mondo dei virus.

Link utili
- viralzone.
- virus pathogen resource.
- bio-alive.com. Animazioni video (in inglese) sul mondo dei virus
- slideshare. Una serie di immagini riassuntive su cosa sia e cosa faccia un virus 
- 20 Things You Didn't Know About... Viruses.


Per chi volesse approfondire lo studio della virologia con testi accademici, ecco alcuni tra i migliori.
  


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