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Pillole e chip. La nuova frontiera del monitoraggio terapeutico

In un precedente articolo su questo blog (--> "La pastiglia digitale") avevo scritto dello sviluppo dei "farmaci digitali", prodotti nati con lo scopo di coniugare il controllo della corretta assunzione dei medicinali (la cosiddetta compliance) con la identificazione degli effetti collaterali, preferibilmente prima che diventino sintomatici.
(Image credit: dailymail.co.uk)
L'idea portante era quella di una pillola da assumere insieme al farmaco che una volta raggiunto lo stomaco avrebbe rilasciato il chip in essa contenuta, trasmettendo così un segnale a corto raggio catturato da uno speciale cerotto posizionato sulla cute. Le informazioni ottenute (ad esempio se e quando è stato assunto il medicinale) sarebbero così immagazzinate o trasmesse in rete allo stesso modo di un fitwatch.

Nel 2012 la FDA e la EMA  approvarono l'utilizzo della combinazione cerotto e pillola inerte, una pillola cioè senza alcun effetto farmacologico (in genere fatta di gelatina) ma contenente un chip, da assumere in contemporanea con il farmaco vero e proprio.
Sebbene questa tecnologia sia stata in seguito utilizzata solo su poche centinaia di soggetti, i dati raccolti sono stati positivi e hanno spinto le aziende a proporre dei miglioramenti tali da rendere ancora più semplice l'assunzione.
Proteus Digital Health e Otsuka hanno presentato qualche mese fa agli enti regolatori la domanda di approvazione per una unica pillola contenente sia il chip che il farmaco. Il tipo di farmaco per questo tipo di combinazione è l'aripiprazolo, un antipsicotico in uso per il trattamento di schizofrenia, sindromi bipolari e depressione, tutte patologie dove l'assunzione regolare e il corretto dosaggio sono elementi essenziali perché la terapia abbia qualche possibilità di successo.
Variare la corretta posologia di un farmaco, per una dimenticanza o perché si pensa di non averne più bisogno, è tra le cause più frequenti della ricomparsa dei sintomi che possono degenerare in fretta, come ben sanno i familiari delle persone affette da patologie psichiatriche. 
Oltre alla centralità della compliance per questo tipo di farmaci, un'altra ragione per cui si è scelto l'aripiprazolo è che i farmaci antipsicotici possono dare effetti collaterali importanti, per minimizzare i quali il medico deve fare una attenta valutazione dell'efficacia del farmaco nel tempo al fine di trovare la dose ottimale, quella cioè con il profilo rischio/beneficio migliore possibile in quel dato paziente; un approccio che implica il preciso monitoraggio dell'assunzione, dell'intervallo tra due dosi e di come variano nel contempo i parametri fisiologici (battito cardiaco, etc), cosa solitamente possibile ospedalizzando il soggetto.
Un chip in grado di registrare l'esatto momento dell'assunzione del farmaco, associato al feedback (diretto e indiretto) del suo effetto è il modo migliore perché il medico abbia sempre sotto mano il quadro completo. 
Un altro vantaggio associato al sistema chip-cerotto è la possibilità di associare la mancata assunzione del farmaco (o l'anomalia di alcuni parametri, ad esempio disturbi del sonno), all'invio di un messaggio (SMS, ...) al soggetto stesso, ai suoi familiari o al medico con funzione di promemoria ("oggi ti sei dimenticato di prendere il farmaco") o come indice di effetti indesiderati. Pensiamo a quanto un memo di questo tipo potrebbe essere utile a chi ha, per ragioni legate all'età o alla patologia, problemi nel ricordare se ha preso la pastiglia, un "lapsus" che spesso porta ad una assunzione nulla o doppia (se non multipla) del farmaco.

Il percorso solitamente tortuoso della approvazione non dovrebbe riservare sorprese dato che entrambi i prodotti (la pillola con il chip e l'aripiprazolo) sono già in uso e funzionano in modo assolutamente indipendente l'uno dall'altro (non si tratta di due farmaci che potrebbero interagire in modo imprevisto). Si tratterà, verosimilmente, di valutare che la nuova pillola onnicomprensiva sia bioequivalente e che non presenti differenze di solubilità e assorbimento rispetto alle singole pastiglie.

Il problema della corretta assunzione dei farmaci è uno degli aspetti più importanti sia da un punto di vista terapeutico che per il costo aggiuntivo a carico del sistema sanitario (in termini di ospedalizzazione, peggioramento della patologia o di semplice spreco di risorse). Migliorare la compliance avrà di sicuro sul breve termine l'effetto di aumentare i costi (numero di pillole effettivamente vendute) ma sul medio-lungo periodo i risparmi sarebbero notevoli; i dati americani parlano di 100-300 miliardi di dollari di risparmio derivanti dall'abbattimento dei costi legati alle conseguenze di terapie incomplete o errate del farmaco.  Alcuni dati del 2014 (--> JAMA, 312, 1237-1247; 2014) indicano che l'assunzione della pillola-chip aumenta l'aderenza al trattamento fino al 34%.
Un esempio è quello di farmaci salvavita ma estremamente costosi come i trattamenti contro l'epatite C (costo sostenuto dal SSN pari a circa 100 mila dollari per persona) che se non seguiti correttamente provocano un aggravio di costi per lo stato (o le assicurazioni) a causa di ospedalizzazioni, necessità trapianto o decesso.
L'interesse per tale approccio è tale che altre aziende stanno lavorando per associare il chip a farmaci per patologie croniche come gli antiipertensivi, gli ipoglicemizzanti e quelli per il colesterolo.

Il vero punto centrale sulla fattibilità di questi trattamenti (che saranno sempre a discrezione del paziente) è il non incidere sul costo del trattamento che spingerebbe il paziente verso un equivalente privo di chip. La Proteus sembra andare in questa direzione dichiarando che il prezzo di vendita resterà identico; non si sa esattamente come possa incorporare i costi aggiuntivi se non ipotizzando un aumento delle vendite.

Altro aspetto essenziale sarà controllare che i dati raccolti siano protetti e consultabili solo dal personale autorizzato.


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