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Le "Super-Terre" sono i pianeti più abbondanti. E sono i "migliori" per ospitare la vita

La costruzione del telescopio orbitale Kepler è stato il vero punto di svolta per chi, in campo astronomico, si occupa della ricerca di esopianeti, vale a dire di pianeti orbitanti attorno ad altre stelle. Un campo di studio che fino a pochi anni fa suonava come pura speculazione ai confini con l'immaginario della fantascienza, si è trasformato in realtà nel 2009 con il lancio e la successiva entrata in funzione del satellite. Nonostante alcuni gravi problemi occorsi nei primi anni della missione (guasto del giroscopio e quindi compromissione del sistema di puntamento) la mole di dati che ci ha fornito è impressionante con migliaia di esopianeti scoperti pur con una visuale limitata (--> sito ufficiale).

Il puntatore di Kepler dalla sua prospettiva ...
(credit: NASA via Wired)
Come spesso avviene è l'accurata pianificazione dei dettagli a condizionare le possibilità di successo di una opera; in questo ambito rientra la decisione presa ancora durante la fase progettuale di selezionare "dove" puntare il telescopio. La scelta di scansionare la frazione della volta stellata appena sopra il piano del disco della Via Lattea (vedi figura) fu considerato il miglior compromesso tra due fattori concorrenti: la presenza di un gran numero di stelle nel campo visivo di Kepler (più sono le stelle e maggiore la probabilità di trovare pianeti); minore il numero delle sorgenti luminose sulle sfondo e maggiore è la possibilità di rilevare le minuscole variazioni di luminosità di una stella durante il transito di un pianeta (vedi nota a fine pagina).

... e da un "punto di vista galattico" (credit: NASA/Jon Lomber)
L'idea iniziale era di scansionare con il tempo diversi "tasselli" della volta celeste fino a coprirne una ampia porzione; purtroppo, come anticipato sopra, il guasto al giroscopio ha impedito al puntatore di funzionare per cui il cambio di "visuale" è stato parziale e ottenuto solo grazie a laboriosi cambi di assetto del satellite. Non lamentiamoci però, dato che pur in condizioni di ripiego i dati ottenuti hanno di gran lunga superato le aspettative più ottimistiche; e il futuro sarà ancora più ricco di sorprese con la prossima generazione di satelliti, TESS e CHEOPS, il cui lancio è previsto entro la fine dell'anno (nota. CHEOPS è stato lanciato a dicembre 2019).

Tra le migliaia di pianeti scoperti in questi anni, le cosiddette Super-Terre (pianeti di diametro maggiore della Terra, ma molto più piccoli di Urano) sono per una serie di motivi i candidati più interessanti se lo scopo è valutare la loro capacità di ospitare forme di vita - almeno con biologie per noi immaginabili - più che microscopiche (queste ultime in teoria potrebbero essere presenti nelle profondità di Marte e magari anche in lune come Europa o Encelado dove la presenza di oceani sotterranei è quasi certa).

Cosa rende le Super-Terre dei candidati migliori per la vita rispetto a pianeti più piccoli (i giganti gassosi sono esclusi per ovvie ragioni)? Al netto della posizione del pianeta che deve in ogni caso trovarsi nella cosiddetta zona abitabile (distanza dalla stella in cui l'acqua può esistere allo stato liquido), le variabili determinanti sono la massa (e quindi la gravità) e con essa la maggiore probabilità che un pianeta massiccio sia anche "tettonicamente" attivo e dotato di magnetosfera (diretta conseguenza di età, massa e caratteristiche del nucleo), tutti fattori che concorrono alla esistenza di una atmosfera.

Partiamo dalla massa ...
Le Super-Terre sono, per definizione, più massicce del nostro pianeta ma ben inferiori a Urano, circa 15 volte più massiccio della Terra, che rappresenta il confine tra pianeti rocciosi e gassosi; nell'intervallo di riferimento rientrano le molteplici varianti delle Super-Terre.
La relazione tra velocità di fuga (quindi massa e
gravità) e temperatura superficiale (velocità termica)

permette di predire quali gas sfuggono da un pianeta. 
Pur nella variabilità di composizione (ad esempio la presenza o meno di un nucleo ferroso) la massa del pianeta conferirà gravità sufficiente a trattenere gas "essenziali" (ossigeno, anidride carbonica, vapor acqueo, …) ma non idrogeno ed elio. La massa è quindi un prerequisito perché possa permanere nel tempo una atmosfera "degna" di questo nome. Un pianeta "ideale" come Marte, ha imboccato una strada diversa dalla Terra non tanto per la sua posizione nel sistema solare ma per una massa insufficiente a conservare il calore. Il raffreddamento e l'assenza di magnetosfera hanno a cascata facilitato la dispersione dell'atmosfera nello spazio ("spazzata" via dai pur deboli - rispetto a quelli terrestri - venti solari).

Senza un'atmosfera abbastanza densa da permettere all'acqua di potere esistere allo stato liquido, senza sublimare, anche un pianeta più caldo di quanto sia oggi Marte sarebbe inospitale, almeno sulla sua superficie, per qualsiasi forma di vita basata sull'acqua. Sebbene sia difficile stabilire una soglia precisa, è chiaro che pianeti anche solo leggermente più piccoli della Terra sono più vulnerabili alla massiccia perdita di acqua e ad altri cambiamenti drastici nella loro atmosfera, soprattutto quando orbitano nella porzione più interna della cosiddetta "zona abitabile".
Venere è andato in direzione opposta rispetto a Marte. Sebbene più piccolo della Terra (ma più massiccio di Marte) si è trovato intrappolato in una atmosfera rovente a base di acido solforico e CO2  a causa di un mix tra "massa sufficiente" a trattenere gas serra e attività vulcanica. Risultato, una pressione atmosferica alla superficie pari a circa 92 atmosfere e una temperatura ben superiore a quella di Mercurio!

Pianeti più grossi della Terra, ma con dimensioni compatibili con un pianeta roccioso, non presentano da un punto di vista teorico problemi evidenti riguardo la stabilità atmosferica e sono quindi candidati "migliori" perché la vita possa comparire.
Sappiamo oggi che le Super-Terre sono i pianeti più comuni, anche se in un primo momento erano stati i cosiddetti Hot-Jupiter a finire sui taccuini (per motivi ovvi dato che un pianeta gigante e vicino alla stella è più facile da scoprire di un pianeta come la Terra).
La distribuzione per caratteristiche degli esopianeti finora scoperti
(credit: NASA/Ames Research Center/Natalie Batalha/Wendy Stenze)

Con 3440 pianeti confermati (dato del 12/01/2017 --> qui per i dati aggiornati) di cui circa il 30% nella zona abitabile e con dimensioni tipiche da Super-Terra (due parametri che non sempre coincidono), la domanda che sorge spontanea è che tipo di pianeti siano. Difficile generalizzare dato il numero di variabili da prendere in considerazione (posizione, composizione, tipo di stella, profilo spettrale dell'atmosfera ... se presente, massa, densità, ...).
Ad esempio un profilo spettrale mirante a valutare la presenza di acqua (atmosferica) e valori di densità indicativi della presenza di acqua nel pianeta possono essere fuorvianti se lo scopo è desumere la "abitabilità" di un pianeta.
Cerco di spiegare meglio.
Il nostro pianeta visto da lontano apparirebbe come un pianeta poco attraente a causa della scarsità di acqua (0,02% della massa) sebbene i nostri oceani coprano il 71% della superficie! Bisogna però ricordarsi che anche il più profondo degli oceani "scava" una porzione di pianeta inferiore a quello - per analogia - della buccia di una mela. Il che vuol dire che percentuali di acqua simili a quelli terrestri potrebbero sottintendere (in assenza di altri dati) sia a un pianeta veramente "secco" ricco di enormi vulcani che riforniscono l'atmosfera che a un pianeta più "terrestre". Per distinguere tra le due possibilità può venire in aiuto lo studio della composizione atmosferica, possibile associando l'analisi spettrometrica al "transit method" (vedi sotto).
Potremmo però trovarci all'estremo opposto in cui i valori di densità di un pianeta (NON le misure spettrometriche) ci dicono che l'acqua è presente con percentuali a due cifre; ci troveremmo allora di fronte a pianeti ben più estremi del filmico "Waterworld", veri e propri pianeti-oceano privo di continenti e con fondali profondissimi.
Siamo chiaramente limitati nella nostra comprensione dei "mondi rocciosi" possibili, dalla limitatezza di esempi presenti nel nostro sistema solare; limitatezza che aveva fatto ipotizzare che i giganti gassosi fossero sempre localizzati nelle porzioni esterne di un sistema stellare, ipotesi negata con la scoperta degli Hot-Jupiter.
L'esistenza dei pianeti definibili, per caratteristiche di massa e rocciosità, come Super-Terre fu avanzata la prima volta una quindicina di anni fa, predizione confermata nel 2005 con la identificazione del primo esopianeta appartenente a questa categoria.
Negli anni successivi la scoperta di pianeti potenzialmente interessanti si è scontrata con la realtà di posti "infernali". Il pianeta CoRoT-7b (di cui ho parlato nell'articolo "I pianeti più bizzarri scoperti") è un esempio estremo avendo una orbita così prossimale alla stella (periodo di 20 ore!) che anche la sua considerevole massa è insufficiente ad evitare che l'atmosfera venga "spazzata via" nello spazio dal "vento" (e calore) della stella. Altro esempio di "Super-Terra" nel posto sbagliato è Kepler-78b, che con un'orbita di 8 ore è talmente vicina alla stella (seppur una nana fredda) da avere temperature superficiali intorno a 2500 K. GJ1214b è stato uno dei primi esopianeti in cui è stata rilevata presenza di nubi di vapor acqueo sovrastanti un "pianeta oceano" bollente, sempre a causa della vicinanza alla stella.
Super-Terre
Ogni definizione necessita di parametri, che nel caso delle Super-Terre è quella di pianeti con massa compresa tra 1,1 e 10 volte ed un raggio minore di 2 volte quelli terrestri.
La risultante di questi parametri è quella di pianeti rocciosi con una percentuale d'acqua estremamente eterogenea, con valori che si spingono fino a 50-70% della massa.
Pianeta roccioso vs. Waterworld (da non confondere con un pianeta fatto esclusivamente di acqua, possibilità teorica discussa su physics.stackexchange). Image credit:solstation.com

credit: Henrykus via wikimedia commons
Come possono esistere pianeti dove l'acqua è la maggioranza assoluta della massa? Pianeti del genere rimangono di fatto "pianeti solidi" grazie alle peculiari proprietà dell'acqua che in condizioni di elevata pressione e temperatura diventa più densa che allo stato liquido.
Una affermazione che vi avrà di sicuro fatto storcere il naso: "cosa sta dicendo? E' impossibile dato che non solo l'acqua è incomprimibile ma allo stato solido (ghiaccio) ha anche una densità inferiore alla forma liquida (gli iceberg infatti galleggiano)". Tutto vero ma qui dobbiamo considerare che in condizioni estreme di pressione e di temperatura l'acqua acquista proprietà "esotiche" come il ghiaccio VII o il ghiaccio X che rendono possibile uno stato come il "ghiaccio bollente". Condizioni di pressione simili sono assenti nel nostro pianeta; perfino il più profondo dei nostri oceani dovrebbe essere 10 volte più profondo per raggiungere una pressione sufficiente ad indurre la trasformazione dell'acqua liquida in ghiaccio VII (il quale rimarrebbe tale anche a temperature intorno a 1000 gradi Kelvin).
Gli stati fisici dell'acqua (image credit: Cmglee via wikimedia commons). Un esempio "pratico" di questi fenomeni viene da uno studio del MIT che ha mostrato come all'interno di nanotubi di carbonio (dimensioni interne tali da ospitare poche molecole di acqua) l'acqua può diventare solida (alias congelare) anche a temperature superiori a quella di ebollizione (--> MIT news)
Il ghiaccio VII è caratterizzato da un cristallo cubico avente una densità di 1,65 g/cm3, in altre parole il 65% più denso dell'acqua liquida. A causa della sua densità intermedia tra quella di una roccia e quell'acqua liquida, tale ghiaccio formerebbe una sorta di mantello intorno al nucleo roccioso del pianeta attorno al quale si muoverebbe grazie a fenomeni convettivi indotti dal calore delle profondità.
Queste condizioni estreme sono possibili su una qualunque Super-Terra avente una percentuale di acqua rispetto alla massa totale di almeno il 10%. In queste condizioni potrebbero esistere oceani profondi 100 km, alle cui profondità l'acqua esisterebbe come ghiaccio VII.

L'aspetto generale di questi pianeti (come la presenza e le caratteristiche di una atmosfera) dipendono da altre variabili, tra cui la distanza dalla stella, oltre che dalla tipologia di stella con le nane rosse considerate i migliori candidati (vedi l'articolo -->"Cercare ET nel posto sbagliato" e "Pianeti-oceano e nane rosse").

Avere una massa sufficiente a trattenere l'atmosfera è solo uno degli elementi chiave da considerare e giocando con alcuni dei parametri chiave non è difficile trovarsi di fronte a scenari "esotici" (in quanto concettualmente alieni e non perché mete ideali per futuri vacanzieri). Solo prendendo in considerazione pianeti la cui densità è ascrivibile alla presenza "rilevante" di ferro oscilleremmo tra pianeti meglio definibili come Super-Mercuri (ferro intorno al 70% contro il 30% della Terra) o Super-Lune (a causa della scarsità o assenza di ferro) con ovvie conseguenze sulla magnetosfera
Quando si parla di Super-Terre molte sono le variazioni sul tema
(credit: Marc Kuchner/NASA GSFC)
Credit: planetary Habitability lab (via galileonet.it)


Limitando la ricerca a Super-Terre con caratteristiche non eccessivamente esotiche, gli astronomi ritengono che sia i pianeti rocciosi "secchi" (percentuale di acqua inferiore al 1%) che i Waterwold siano "biologicamente" interessanti. Le deduzioni sulla presenza di vita rimarranno sempre, temo, pura speculazione basata certamente su dati scientifici (composizione atmosferica e caratteristiche fisiche del pianeta) ma senza evidenze di "se e quale" forma di vita possa lì essersi formata (parliamo di pianeti distanti anche centinaia di anni luce da noi) .

Nella lista (in continuo aggiornamento) di pianeti interessanti vale la pena citare: 
  • Kepler-22b è con ogni probabilità un "pianeta oceano" in base al rapporto dimensione-massa.
  • Kepler-62e "visione artistica"(NASA)
  • Il sistema stellare Kepler-62 è composto da almeno 5 pianeti, due dei quali siti all'interno della zona abitabile. La stella è più piccola e fredda del Sole e questo consente orbite "abitabili" molto più prossimali di quelle possibili nel nostro sistema. Entrambi i pianeti (Kepler-62e e -62f) sono Super-Terre, con dimensioni 60% e 40% maggiori della Terra e orbite di 122 giorni e 267 giorni, rispettivamente. Si attendono informazioni sulla loro composizione atmosferica e la conferma, ad oggi ritenuta probabile, che siano dei Waterworld.  
  • Kepler-186F è il primo esopianeta con caratteristiche simil-terrestri (raggio 1,1 volte la Terra) orbitante nella porzione esterna della zona abitabile (molto prossima in ogni caso alla stella essendo questa una "ottimale" nana arancione di classe M). Per questo motivo il pianeta riceve un terzo dell'illuminazione e del calore che la Terra riceve dal Sole; la cosa non è necessariamente un problema in quanto la temperatura alla superficie dipende da una serie di fattori, tra cui la presenza di una atmosfera (e dell'effetto serra associato). Anche gli altri 4 pianeti del sistema sono Super-Terre con orbite tuttavia più interne.

... e non trascuriamo tettonica e campo magnetico
La tettonica è il processo che controlla e interessa la struttura e le proprietà della crosta planetaria, nonché la sua evoluzione nel tempo insieme ad altri agenti, atmosferici e "fluidi" (erosione da ghiacci e acqua nel nostro caso). Alla base del fenomeno i moti convettivi che originano dalle porzioni più interne, fuse e molto viscose, del pianeta (il mantello), che spostano le parti solide soprastanti, all'interno delle cui fenditure spesso si insinuano per giungere alla superficie e originare i vulcani.
Senza questi moti non ci sarebbe rimescolamento degli elementi (ad esempio non esisterebbe il ciclo carbonio-silicio alla base del termostato terrestre) e anche in presenza di un nucleo ferroso il campo magnetico presente sarebbe insufficiente a proteggere la superficie dalle radiazioni della stella. Sebbene tutti i pianeti rocciosi siano stati in qualche fase della loro vita incandescenti, la permanenza di un nucleo caldo è fortemente correlata alla composizione (decadimento radioattivo) e massa del pianeta. Marte ha avuto una intensa attività vulcanica nel passato (ha il più grande vulcano del sistema solare) ma l'assenza di tettonica ha velocizzato il suo raffreddamento fino a generare una crosta così spessa da "spegnere" anche i vulcani. La "chiusura del rubinetto" dei gas e l'assenza di ricircolo si sono sommate ad una massa insufficiente con conseguente perdita dei gas atmosferici e il raffreddamento superficiale per assenza di effetto serra.
Un pianeta più massiccio di Marte avrebbe potuto "resistere" più a lungo perpetuando l'attività tettonica. Le Super-Terre hanno per definizione un rapporto crosta/interno inferiore a quello di pianeti piccoli e questo dovrebbe consentire il protrarsi nel tempo di tutti quei fenomeni ciclici che sul lungo termine promuovono la stabilità dinamica.



Altro punto non trascurabile per le possibilità di vita su questi esopianeti, è il fatto che dimensioni maggiori mettono più al riparo dalle conseguenze di impatti con corpi celesti o a variazioni "repentine" (pensate all'effetto prodotto da un asteroide di 10 km alla fine del Cretaceo).
Insomma, se vogliamo cercare qualcosa fuori di qui, puntiamo i telescopi su una delle tante Super-Terre … ed incrociamo le dita.



****

Postilla metodologica
Che metodi usano gli astrofisici per identificare i pianeti al di fuori del nostro sistema? 
  • Transito. Dalla variazione di luminosità apparente (cioè percepitata dai nostri strumenti) della stella e dalla sua periodicità si può ricavare massa, distanza e periodo orbitale del pianeta orbitante. Limiti ovvi di questo metodo la dimensione del pianeta e la sua distanza dalla stella, che si traduce per un osservatore esterno in una diversa proporzione della quantità di luce bloccata; data la distanza tra noi e la stella, la distorsione prospettica (distanza tra pianeta e stella) è irrilevante a meno di volere cercare "un Plutone" e il calcolo può essere approssimato come
    (dove Rp è il raggio del pianeta, R* il raggio della stella e F il flusso). Ovviamente possono essere osservati solo quei sistemi planetari in cui l'orbita è tale da essere in asse con il nostro punto di osservazione. Altre informazioni sul tipo di orbita vengono dal fenomeno dell'oscuramento al bordo.
    credit: planetaryscience.com

  • Astrometria. Ogni oggetto con massa planetaria è in grado di perturbare la rotazione della stella, spostando il fuoco dell'orbita all'esterno della stella stessa. A causa di questo la stella ci apparirà orbitare non "su sé stessa" ma intorno ad un punto la cui distanza è funzione della massa dei pianeti nelle vicinanze. Si può dedurre la perturbazione dell'orbita osservando l'eventuale effetto Doppler della luce stellare.
    Image: wikipedia (User:Zhatt)

  • Effetto lente gravitazionale. Per il noto effetto della gravitazione sulla luce, un qualunque oggetto dotato di massa è in grado di modificare il percorso della luce. La somma delle forze gravitazionali esercitata da stella e pianeta in asse rispetto al percorso della luce proveniente da una stella sullo sfondo funzionano come una lente di ingrandimento del segnale. Dal confronto tra segnale di riferimento prima e dopo il transito del pianeta si possono ricavare informazioni sulla massa aggiuntiva transitata, vale a dire quella del pianeta. 
    credit: planetary.org
  • Osservazione diretta. Utile per stelle vicine (meno di 500 anni luce) e per pianeti in orbita non troppo ravvicinata. La visualizzazione si basa sull'oscuramento della luce stellare così da visualizzare la luce riflessa (e in parte anche quella emessa) dai pianeti. 
  • L'insieme dei dati ottenuti, incrociati dove possibile tra loro, permette di creare un modello ottimale, vale a dire il modello con il maggior numero di osservazioni coerenti e nessun dato "negatore".
Un esempio "semplice" delle informazioni che l'insieme di questi dati fornisce è quella che permette di distinguere un pianeta roccioso come Marte da uno gassoso come Giove. Quando un pianeta supera certi valori dimensionali, e di massa, il pianeta "deve" essere gassoso. La distanza del pianeta dalla stella fornisce poi altri elementi e i risultati non sono sempre prevedibili. Fino a pochissimi anni fa la predizione dei sistemi planetari era viziata da una visione solar-centrica per cui i pianeti rocciosi dovevano essere interni e quelli gassosi esterni. Oggi, dopo avere scoperto molti pianeti definiti come Hot Jupiter, cioè giganti come Giove ma siti in un'orbita interna a quella di Mercurio, sappiamo che il modello del sistema solare è solo uno dei tanti possibili. Alcuni di questi pianeti sono talmente vicini da avere periodo orbitale e periodo rotazionale coincidenti (come avviene per i satelliti geostazionari) con la conseguenza che un lato è perennemente esposto e l'altro sempre al buio; una caratteristica in grado di generare differenze di temperatura fino a 400 gradi e perturbazioni atmosferiche altrettanto estreme. 
Per chi volesse saperne di più sulle tecniche in uso rimando a siti "facili" come (link associati al nome) lo Smithsonian, l'università del Colorado, l'articolo "Exoplanet Detection Techniques" oppure la consigliatissima pagina della NASA)


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