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Gli occhi specchio dell'anima? Più facile che rivelino se sei preda o cacciatore

 "Nam ut imago est animi vultus, sic indices oculi" 
(come il volto é l'immagine dell'anima, gli occhi ne sono gli interpreti) 
Marco Tullio Cicerone, Rethorica/Orator/18 
Pupilla verticali e piccoli felini
Se fin dall'antichità gli occhi sono stati considerati una finestra dove si affaccia l'anima, oggi più prosaicamente i neuroscienziati ci dicono che la semplice osservazione degli occhi di un animale permette non solo di predire il suo essere un predatore o una preda, ma anche la modalità di caccia usata (da agguato o da rincorsa).
Lo studio, pubblicato sulla rivista Science Advances, ha preso in esame 214 specie di animali terrestri per ciascuna delle quali sono state valutate le caratteristiche della pupilla.
Raffrontando le caratteristiche morfologiche con il comportamento alimentare dell'animale è emersa l'associazione tra l'avere pupille verticali e l'essere predatori "da agguato", diurni o notturni.
Al contrario, gli animali con pupille allungate in senso orizzontale hanno anche gli occhi posizionati lateralmente e sono tipicamente erbivori.
Infine, le pupille rotondeggianti circolari sono tipiche degli animali che rincorrono la preda.

Pupilla orizzontale negli erbivori
(Credit: Martin Banks, UC Berkeley)
Martin Banks, professore di optometria all'università di Berkeley e autore senior dell'articolo, non si è fermato ad una mera descrizione associativa ma ha proposto una nuova ipotesi sul perché della associazione forma pupilla-comportamento alimentare. 

La ricerca in sé non è una novità dato che prende spunto dai lavori condotti nella prima metà del '900 da Gordon Walls, anche lui  professore di optometria a Berkeley, che nel 1942 pubblicò The Vertebrate Eye and Its Adaptive Radiation, un testo sulla fisiologia dell'occhio divenuto un classico; nel libro Walls propose che la forma a fessura della pupilla renda possibile un aggancio ottimale della muscolatura in modo tale da massimizzare, quando necessario, l'entrata di luce.
Nota. Le pupille verticali presenti nei gatti (ma anche nei gechi, etc) permettono di modulare l'entrata di luce, variando la superficie pupillare, tra 135 e 300 volte il valore base. Giusto per avere un termine di paragone, la cui variazione massima che la pupilla umana consente è 15 volte.
Le specie animali come i felini in grado di cacciare sia di giorno che di notte, traggono enorme vantaggio dal possedere pupille fessurate, capaci di fornire la gamma dinamica di luce necessaria per vedere bene nella penombra senza per questo essere accecati dal sole del mezzogiorno. Un meccanismo ben distinto, è bene ricordarlo, da quello che consente a molti predatori di vedere anche in condizioni di scarsa (o quasi nulla) illuminazione, possibile sia grazie ad una densità bastoncellare superiore di 6-8 volte la nostra che alla presenza del tapetum lucidum, uno strato riflettente in grado di concentrare la luce sulla retina (il che spiega perché gli occhi dei predatori risaltino sul fondo buio).
Mancava ad oggi tuttavia una ipotesi coerente sul perché nei predatori la forma pupillare fosse verticale e non orizzontale (tipica delle "prede" come pecore, cervi e cavalli) o magari diagonale.
Per cercare questa risposta i ricercatori si sono avvalsi della modellistica al computer con la quale predire l'effetto della forma sulla funzione.
I dati emersi sono molto interessanti.
Negli erbivori la pupilla orizzontale permette di ampliare il campo visivo "utile" specialmente se associata al posizionamento laterale degli occhi. La contrazione muscolare che modifica in senso orizzontale la pupilla (allineandola di fatto al terreno) consente di catturare luce (quindi le informazioni ambientali) dalla parte anteriore, laterale e retro-laterale; nel contempo limita fortemente la luce verticale (abbagliante) del sole consentendo all'animale di "scandagliare" meglio il terreno su cui pascola e l'avvicinarsi di "malintenzionati".
Una caratteristica non inattesa se pensiamo che la sopravvivenza di questi animali si basa sia sull'individuazione dei potenziali predatori (nel caso dei grossi erbivori la minaccia è principalmente terrestre) che sul loro monitoraggio costante - pronti a distinguere ogni loro movimento improvviso. Il tutto senza che venga meno la capacità di scandagliare il terreno, essenziale per una fuga efficace; poco senso avrebbe infatti percepire l'arrivo di una minaccia e inciampare dopo due salti per non avere analizzato correttamente il terreno. In ogni caso i "punti ciechi" devono essere ridotti al minimo, da qui l'importanza della lateralizzazione visiva.

Cosa succede però quando l'animale abbassa la testa per pascolare? In teoria la pupilla segue il movimento della testa e quindi da orizzontale diventerebbe quasi verticale, annullando l'efficacia di quanto sopra scritto.
 Per trovare la risposta a questo dilemma teorico (che ovviamente in natura non esiste dato che gli erbivori sembrano indifferenti a questa problematica), Banks ha passato ore al giardino zoologico per osservare i diversi animali scoprendo che gli occhi ruotano in modo tale che, al variare della postura della testa, le pupille rimangono parallele rispetto al terreno, assicurando così il mantenimento della vigilanza.
Una conclusione confermata dal coautore Gordon Love, nata dalla sua osservazione delle pecore e di altri animali da fattoria e riassunta dalla frase "gli animali da pascolo possono ruotare di 50 gradi o più la posizione di ciascun occhio, una capacità 10 volte superiore a quella possibile nell'essere umano".
Il video che segue mostra l'incredibile capacità di movimento degli occhi in alcuni erbivori.
(credit: UC Berkeley Campus Life)

Nel caso dei predatori ovviamente il problema è opposto e questo spiega l'orientamento verticale della pupilla. La necessità di un "predatore da agguato" è quella di balzare sulla preda e di farlo con successo al primo tentativo; questa decisione implica valutare in anticipo la distanza utile a cui si deve trovare la preda perché sia raggiunta, oltre che stimarne velocità e direzione. I ricercatori selezionarono tre elementi chiave per rendere il predatore "capace" di tale valutazione:
  • stereopsi (visione binoculare) necessaria per la profondità di campo; 
  • parallasse di movimento cioè la velocità apparente maggiore per un oggetto vicino rispetto ad uno lontano;
  • sfocatura, oggetti a distanze diverse sono fuori fuoco rispetto ad un oggetto "mirato".
Tra questi la meno utile doveva essere, per la tipologia di caccia, la parallasse in quanto per funzionare correttamente avrebbe imposto all'animale lo spostamento ripetuto della testa, movimento quasi certamente rilevabile dalla preda che avrebbe eliminato il vantaggio della mimetizzazione e dell'agguato. L'ipotesi formulata da Banks è che le due "funzionalità" rimanenti agiscano in cooperazione sfruttando anche la caratteristica pupilla verticale per eseguire un calcolo accurato della distanza della preda, senza tradire la propria presenza.
In particolare la visione binoculare funziona al meglio su contorni verticali e oggetti posti ad una certa distanza, mentre lo sfocamento differenziale è ottimale su contorni orizzontali e oggetti vicini. Le pupille verticali massimizzano entrambi gli aspetti sia variando la luce incidente utile che focalizzando il bersaglio verticalmente. Per questi animali, a differenza degli erbivori, l'eliminazione dei punti ciechi laterali è di scarsa rilevanza per la sopravvivenza.

Tutto chiarito?
I grossi felini hanno pupille circolari
(M. Appel (sin), Jimmy B (dx))
Forse, ma in realtà questa conclusione è lacunosa in quanto generalizzabile. Infatti non tutti i predatori da agguato hanno pupille verticali; anzi queste pupille sono molto più frequenti tra quelli che cacciano "rasoterra". L'esempio tipico lo si ha nei "mini" felini come i gatti, che sono dotati di pupille verticali mentre i grossi felini (leoni e tigri) hanno pupille circolari più simili a quelle umane o dei cani.
Tale osservazione sembra reggere un confronto su larga scala: tra i 65 animali presenti nel campione analizzato, classificabili come predatori da agguato e dotati di occhi frontali, 44 avevano pupille verticali. Di questi ben 36 di questi avevano un'altezza alla spalla inferiore a 42 centimetri. Il dato indica che le pupille verticali massimizzano la capacità di predare piccoli animali.

Gli autori sottolineano che i dati finora ottenuti sono riferiti unicamente agli animali terrestri e che il loro prossimo obbiettivo sarà analizzare l'associazione forma-funzione dell'occhio negli animali acquatici, nei volatili e in quelli che prediligono la vita arborea.

Fonte
- Why do animal eyes have pupils of different shapes?
Martin S. Banks et al, Science Advances  Vol 1, No. 7 07 August 2015 

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